Il messaggio del Papa è molto denso e preciso nelle sue osservazioni e nei suoi inviti all'azione. E' la situazione reale che ci impone questo sforzo di riflessione e di impegno. Non trascuriamo questo messaggio. Già nel 1971 papa Paolo VI parlava di "catastrofe ecologica" incombente! Il non ascoltare la realtà ha prodotto tutti i peggioramenti che costatiamo.
PAPA FRANCESCO
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO
1° settembre 2022
Cari fratelli e sorelle!
“Ascolta la voce del creato” è il tema e l’invito del
Tempo del Creato di quest’anno. Il periodo ecumenico inizia il 1° settembre con
la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato e si conclude il 4
ottobre con la festa di San Francesco. È un momento speciale per tutti i
cristiani per pregare e prendersi cura insieme della nostra casa comune.
Originariamente ispirato dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, questo
tempo è un’opportunità per coltivare la nostra “conversione ecologica”, una conversione
incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla
“catastrofe ecologica” preannunciata da San
Paolo VI già nel 1970 [1].
Se impariamo ad ascoltarla, notiamo nella voce del creato
una sorta di dissonanza. Da un lato, è un dolce canto che loda il nostro amato
Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti
umani.
Il dolce canto del creato ci invita a praticare una «spiritualità ecologica» (Lett. enc. Laudato si’, 216), attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’«amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale» ( ibid., 220). Per i discepoli di Cristo, in particolare, tale luminosa esperienza rafforza la consapevolezza che «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» ( Gv 1,3). In questo Tempo del Creato, riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del «grandioso coro cosmico» [2] di innumerevoli creature che cantano le lodi a Dio. Uniamoci a San Francesco d’Assisi nel cantare: “Sii lodato, mio Signore, con tutte le tue creature” (cfr Cantico di frate sole). Uniamoci al Salmista nel cantare: «Ogni vivente dia lode al Signore!» ( Sal 150,6).
Purtroppo, quella dolce canzone è accompagnata da un grido
amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra
che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di
fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a
gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» (Laudato si’, 68), agli antipodi della
centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno
estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più
poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più
fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che
continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri
fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori,
i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte,
lanciando «un grido che sale al cielo» (Esort. Ap.
postsin. Querida Amazonia, 9). Infine, gridano i
nostri figli. Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi
a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il
collasso degli ecosistemi del nostro pianeta.
Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e
modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi. Sin dall’inizio, l’appello
evangelico «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,2),
invitando a un nuovo rapporto con Dio, implica anche un rapporto diverso con
gli altri e con il creato. Lo stato di degrado della nostra casa comune merita
la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i
conflitti bellici. «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è
parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di
opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (Laudato si’, 217).
Come persone di fede, ci sentiamo ulteriormente
responsabili di agire, nei comportamenti quotidiani, in consonanza con tale
esigenza di conversione. Ma essa non è solo individuale: «La conversione
ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è
anche una conversione comunitaria» (ibid., 219). In questa prospettiva,
anche la comunità delle nazioni è chiamata a impegnarsi, specialmente negli
incontri delle Nazioni Unite dedicati alla questione ambientale, con spirito di
massima cooperazione.
Il vertice COP27 sul clima, che si terrà in Egitto a
novembre 2022, rappresenta la prossima opportunità per favorire tutti insieme
una efficace attuazione dell’Accordo di Parigi. È anche per questo motivo che
ho recentemente disposto che la Santa Sede, a nome e per conto dello Stato
della Città del Vaticano, aderisca alla Convenzione-Quadro dell’ONU sui
Cambiamenti Climatici e all’Accordo di Parigi, con l’auspicio che l’umanità del
XXI secolo «possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie
gravi responsabilità» ( ibid., 165). Raggiungere l’obiettivo di
Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C è alquanto impegnativo e
richiede la responsabile collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani
climatici, o Contributi Determinati a livello Nazionale, più ambiziosi, per
ridurre a zero le emissioni nette di gas serra il più urgentemente possibile.
Si tratta di “convertire” i modelli di consumo e di produzione, nonché gli
stili di vita, in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e dello
sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo
fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione
ai poveri e alle generazioni future. Alla base di tutto dev’esserci l’alleanza
tra l’essere umano e l’ambiente che, per noi credenti, è specchio dell’«amore
creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino» [3].
La transizione operata da questa conversione non può trascurare le esigenze
della giustizia, specialmente per i lavoratori maggiormente colpiti
dall’impatto del cambiamento climatico.
A sua volta, il vertice COP15 sulla biodiversità, che si
terrà in Canada a dicembre, offrirà alla buona volontà dei governi l’importante
opportunità di adottare un nuovo accordo multilaterale per fermare la
distruzione degli ecosistemi e l’estinzione delle specie. Secondo l’antica
saggezza dei Giubilei, abbiamo bisogno di «ricordare, tornare, riposare e
ripristinare» [4].
Per fermare l’ulteriore collasso della “rete della vita” – la biodiversità –
che Dio ci ha donato, preghiamo e invitiamo le nazioni ad accordarsi su quattro
principi chiave: 1. costruire una chiara base etica per la trasformazione di
cui abbiamo bisogno al fine di salvare la biodiversità; 2. lottare contro la
perdita di biodiversità, sostenerne la conservazione e il recupero e soddisfare
i bisogni delle persone in modo sostenibile; 3. promuovere la solidarietà
globale, alla luce del fatto che la biodiversità è un bene comune globale che
richiede un impegno condiviso; 4. mettere al centro le persone in situazioni di
vulnerabilità, comprese quelle più colpite dalla perdita di biodiversità, come
le popolazioni indigene, gli anziani e i giovani.
Lo ripeto: «Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi
compagnie estrattive – minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari,
agroalimentari – di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le
montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i
popoli e gli alimenti» [5].
Non si può non riconoscere l’esistenza di un «debito
ecologico» (Laudato si’, 51) delle nazioni
economicamente più ricche, che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli;
esso richiede loro di compiere passi più ambiziosi sia alla COP27 che alla
COP15. Ciò comporta, oltre a un’azione determinata all’interno dei loro
confini, di mantenere le loro promesse di sostegno finanziario e tecnico per le
nazioni economicamente più povere, che stanno già subendo il peso maggiore
della crisi climatica. Inoltre, sarebbe opportuno pensare urgentemente anche a
un ulteriore sostegno finanziario per la conservazione della biodiversità.
Anche i Paesi economicamente meno ricchi hanno responsabilità significative ma
“diversificate” (cfr ibid., 52); i ritardi degli altri non
possono mai giustificare la propria inazione. È necessario agire, tutti, con decisione.
Stiamo raggiungendo “un punto di rottura” (cfr ibid., 61).
Durante questo Tempo del Creato, preghiamo affinché i
vertici COP27 e COP15 possano unire la famiglia umana (cfr ibid., 13) per affrontare decisamente la
doppia crisi del clima e della riduzione della biodiversità. Ricordando
l’esortazione di San Paolo a rallegrarsi con chi gioisce e a piangere con chi
piange (cfr Rm 12,15), piangiamo con il grido amaro del
creato, ascoltiamolo e rispondiamo con i fatti, perché noi e le generazioni
future possiamo ancora gioire con il dolce canto di vita e di speranza delle
creature.
Roma, San Giovanni in Laterano, 16
luglio 2022, Memoria della B.V. Maria del Monte Carmelo.
FRANCESCO
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[1] Cfr Discorso alla F.A.O., 16 novembre 1970.
[2] S. Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 10 luglio 2002.
[3] Discorso all’Incontro “Fede e Scienza verso la COP26”, 4
ottobre 2021.
[4] Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la
cura del creato, 1 settembre 2020.
[5] Videomessaggio ai movimenti popolari, 16
ottobre 2021.
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