Ieri Papa Francesco ha inviato 430 famiglie del Cammino Neocatecumenale in missione. Un segno forte per tutta la Chiesa e una gioia per tutte le comunità neocatecumenali che vedono i frutti del cammino che seguono. Sicuramente anche un richiamo per quelle povere di slancio, tentate di addormentarsi nella routine.
Parlando
a braccio, incoraggiando all'evangelizzazione, il Papa ha toccato anche due punti. Innanzitutto l’obbedienza alla Chiesa e in particolare
la comunione col vescovo. Sappiamo le scelte che ha fatto Kiko fin dall’inizio,
non scontate in quel periodo e in quel contesto. Sappiamo come non ha mai
deviato da questa linea anche se i suoi rapporti con i vescovi è sempre stato
dinamico. Può darsi che papa Francesco senta che per alcuni, rafforzati dalle
tante approvazioni e sostegni da parte di Roma, ci sia la tentazione di
svincolarsi da questa comunione nelle situazioni locali.
Meno scontato è il secondo punto: l’inculturazione. Si è posto molto rapidamente per il cammino il problema della sua unità. Credo che siano stati i francesi a creare i problemi più grossi. E quindi per avere un tronco comune, immediatamente riconoscibile, si è bypassato il problema della inculturazione che era un tema molto presente allora nella Chiesa. Ricordo che, negli anni ’90, cercavo di conoscere meglio questo cammino, e chiesi ad un catechista in Cammino da molti anni: “e l’inculturazione?” Mi diede una risposta molto significativa: “scusami, vuoi ripetere questa parola? Non l’ho mai sentita!” Però un Iniziatore spagnolo che vive molto in Italia e scrive molti canti partendo direttamente dal testo CEI non è un grosso problema. La struttura delle lingue è molto simile e la tradizione latina, in tutta la sua immensa ricchezza, è comune. Ma cantare la preghiera eucaristica con una melodia cucita per l’italiano e lo spagnolo, pone già problemi seri col messale francese. E le difficoltà aumentano molto con culture e lingue non neolatine. Un bellissimo punto è il fatto che Kiko mandi – per esempio in Cina – persone adulte senza una profonda preparazione linguistica e culturale. Sa che non parleranno mai bene il cinese. Ma in quel modo dovranno fare molto più affidamento allo Spirito Santo e restare in atteggiamento di umiltà di fronte al popolo che devono evangelizzare. L’inculturazione in un Cammino esteso in tutto il mondo è necessaria. E' venuto il momento per il Papa? Però non si può trattare a tavolino. Come rivelano in particolare la Scrittura e la Tradizione liturgica, l’inculturazione è un processo di interazione viva tra le culture di coloro che si incontrano nel cammino di fede. Per esempio, nella messa preconciliare invocavamo la misericordia di Dio solo con “Kyrie Eleison, Christe Eleison…” al punto che tantissimi, come me bambino, credevano che fosse latino e non greco traslitterato: un’espressione greca era rimasta in un contesto tutto latino segno del passaggio del Vangelo attraverso le terre e soprattutto la cultura greca.
DISCORSO
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI
Aula Paolo VI
Lunedì, 27 giugno 2022
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Abbiamo sentito la missione di Gesù:
“Andate, date testimonianza, predicate il Vangelo”. E da quel giorno gli
apostoli, i discepoli, la gente tutta è andata avanti con la stessa forza di
quello che Gesù aveva dato loro: è la forza che viene dallo Spirito. “Andate e
predicate… Battezzate…”.
Ma sappiamo che, una volta che abbiamo battezzato, la comunità che nasce da quel Battesimo è libera, è una nuova Chiesa; e noi dobbiamo lasciarla crescere, aiutarla a crescere con le proprie modalità, con la propria cultura… È questa la storia dell’evangelizzazione. Tutti uguali in quanto alla fede: credo in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, il Figlio che si è incarnato, è morto e risorto per noi, lo Spirito che ci aiuta e ci fa crescere: la stessa fede. Ma tutti con la modalità della propria cultura o della cultura del posto dove è stata predicata la fede.
E questo lavoro, questa ricchezza
pluriculturale del Vangelo, che nasce dalla predicazione di Gesù Cristo e si fa
cultura, è un po’ la storia della Chiesa: tante culture ma lo stesso Vangelo.
Tanti popoli, lo stesso Gesù Cristo. Tante buone volontà, lo stesso Spirito. E
a questo siamo chiamati: andare avanti con la forza dello Spirito, portando il
Vangelo nel cuore e nelle mani. Il Vangelo di Gesù Cristo, non il mio: è di
Gesù Cristo, che si adegua alle diverse culture, ma è lo stesso. La fede
cresce, la fede si incultura, ma la fede è sempre la stessa.
Questo spirito missionario, cioè di
lasciarsi inviare, è un’ispirazione per tutti voi. Vi ringrazio di questo, e vi
chiedo docilità allo Spirito che vi invia, docilità e obbedienza a Gesù Cristo
nella sua Chiesa. Tutto nella Chiesa, niente fuori dalla Chiesa. Questa è la
spiritualità che deve accompagnarci sempre: predicare Gesù Cristo con la forza
dello Spirito nella Chiesa e con la Chiesa. E
quello che è il capo – diciamo – delle diverse Chiese è il
vescovo: sempre andare avanti con il vescovo, sempre. È lui il capo della
Chiesa, in questo Paese, in questo Stato…
Andate avanti. Coraggio! Grazie della
vostra generosità. Non dimenticatevi dello sguardo di Gesù, che ha inviato
ognuno di voi a predicare e a obbedire alla Chiesa. Grazie tante!
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