Inaugurazione della nuova chiesa nella città di Ruwais. A destra il vescovo Paul Hinder, cappuccino, Vicario Apostolico per l'Arabia del Sud. |
Papa Francesco questa domenica
sera arriverà ad Abu Dhabi. A marzo andrà in Marocco.
Anche la stampa favorevole, persino dei paesi arabi, facilmente accentua la novità di questo viaggio in opposizione
al Predecessore. Ricordano che Benedetto XVI in una conferenza sui rapporti tra
Fede e Ragione data a Ratisbona, riportò alcune frasi di un Imperatore bizantino della fine del 1300. Questa citazione, molto critica nei
confronti di Maometto, proposta con prudenza dal Papa che ne prendeva le
distanze, fu all’origine di uno scandalo internazionale e di atti di violenza
contro i cristiani e i loro luoghi di culto nei paesi musulmani, con vari morti
di cui almeno una suora. Queste violenze sono state pure la conseguenza dell’uso
superficiale del potere di informare.
Sui giornali si fa notare
come da allora seguirono rapporti glaciali tra Santa Sede e mondo musulmano. A
me non risulta. Papa Benedetto disse subito che non aveva inteso offendere
nessuno e che era sorpreso e addolorato dalle conseguenze di questa frase
introdotta nel suo discorso. Poi ci fu un gran lavoro di scambi tra Chiesa
cattolica e musulmani non estremisti che vedevano nelle reazioni sproporzionate
e violenti di alcuni correligionari un pericolo anche per loro. In particolare dalla Università Islamica
del Cairo, Al Azhar, partirono molte iniziative in questo senso. Quello che fa papa
Francesco verso il mondo musulmano ha le sue radici nel lavoro e nelle
relazioni intessute dalla Chiesa tutta dopo il Concilio, in particolare sotto l’impulso
di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Di fatto, papa Francesco,
per indole e sicuramente anche dalla lezione tratta dal passato, ha un approccio diverso. Egli puntualizza meno la dottrina teologica e
privilegia i gesti di comunione nella carità. A grande dispiacere di qualche “progressista”,
papa Francesco è molto fermo sulla dottrina sicura della Chiesa, ma ripete che Dio salva
persone, non dottrine, non libri. Ha certamente anche un’audacia che gli
permette gesti che forse non avrebbe osato papa Benedetto. Ma pensando al
carisma dirompente di Giovanni Paolo II (che si appoggiava sulla collaborazione
costante dell’allora Cardinale Ratzinger) e alle sue numerose “prime volte”, non
si può spiegare tutto con le differenze di temperamento – che ci sono. C'è un
cammino della Chiesa che rivela una continuità molto maggiore di quanto i media
vorrebbero far intendere o riescono a cogliere. E in questa continuità c'è una
maturazione dei tempi o dei problemi, e quindi, una normale accelerazione dei
processi già iniziati o un arrivare a compimento di questi processi.
Anche il mondo non rimane
fermo. Il papa va ad un incontro di leader religiosi sulla fraternità umana,
di cui non ha preso l’iniziativa. La globalizzazione mette sotto gli occhi di tutti
che il mondo è interconnesso e che nessuno può vivere ignorando gli altri o magari
sognando di conquistarli, vivendo nel frattempo protetto da muri.
Ma così non si perde l’identità
missionaria della Chiesa?
L’idea che la Chiesa si è
fatta della sua missione è stata per molto tempo inquinata dalla forma della Societas
Perfecta. È vero che la Chiesa non è solo spirituale, è un corpo, è un popolo,
è una Società. Però questa definizione, influenzata dall’esempio dell’Impero
Romano prima, delle varie nazioni e dal potere temporale dei Papi, ha diffuso
un idea troppo materiale della Chiesa. Ecco che allora si pensava, magari senza
troppo rendersene conto: abbiamo la verità, Gesù è l’unico Signore, la nostra civiltà
è la più progredita! Andare in missione assomigliava in qualche modo a una
colonizzazione a fin di bene. Invece Gesù nel Vangelo parla di sale della
terra che si scioglie per dare sapore, di luce del mondo che non serve se stessa, chiede di farsi servi e schiavi, non colonizzatori e nemmeno
“buoni padroni”. La Chiesa è stata veramente missionaria nei primi secoli, in modo
profondamente efficace, pur non avendo soldi, né strutture, né distintivi, né
privilegi nella Società. Molti fattori ci dicono che stiamo tornando
irrevocabilmente a un modo di vivere il Cristianesimo vicino a quello dei primi
secoli. Questo cambiamento non è sempre indolore, ma chi segue il Vangelo e gli
Atti degli Apostoli va sicuro.
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