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domenica 3 febbraio 2019

PAPA FRANCESCO NEGLI EMIRATI ARABI UNITI / 3 - 5 febbraio


Inaugurazione della nuova chiesa nella città di Ruwais.
A destra il vescovo Paul Hinder, cappuccino, Vicario Apostolico
per l'Arabia del Sud.

Papa Francesco questa domenica sera arriverà ad Abu Dhabi. A marzo andrà in Marocco.
Anche la stampa favorevole, persino dei paesi arabi, facilmente accentua la novità di questo viaggio in opposizione al Predecessore. Ricordano che Benedetto XVI in una conferenza sui rapporti tra Fede e Ragione data a Ratisbona, riportò alcune frasi di un Imperatore bizantino della fine del 1300. Questa citazione, molto critica nei confronti di Maometto, proposta con prudenza dal Papa che ne prendeva le distanze, fu all’origine di uno scandalo internazionale e di atti di violenza contro i cristiani e i loro luoghi di culto nei paesi musulmani, con vari morti di cui almeno una suora. Queste violenze sono state pure la conseguenza dell’uso superficiale del potere di informare.
Sui giornali si fa notare come da allora seguirono rapporti glaciali tra Santa Sede e mondo musulmano. A me non risulta. Papa Benedetto disse subito che non aveva inteso offendere nessuno e che era sorpreso e addolorato dalle conseguenze di questa frase introdotta nel suo discorso. Poi ci fu un gran lavoro di scambi tra Chiesa cattolica e musulmani non estremisti che vedevano nelle reazioni sproporzionate e violenti di alcuni correligionari un pericolo anche per loro. In particolare dalla Università Islamica del Cairo, Al Azhar, partirono molte iniziative in questo senso. Quello che fa papa Francesco verso il mondo musulmano ha le sue radici nel lavoro e nelle relazioni intessute dalla Chiesa tutta dopo il Concilio, in particolare sotto l’impulso di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Certamente si può pensare che questa citazione fu una mossa infelice da parte di papa Benedetto, perché non teneva conto del modo come lavorano i giornalisti e di come poteva apparire ai musulmani.
Di fatto, papa Francesco, per indole e sicuramente anche dalla lezione tratta dal passato, ha un approccio diverso. Egli puntualizza meno la dottrina teologica e privilegia i gesti di comunione nella carità. A grande dispiacere di qualche “progressista”, papa Francesco è molto fermo sulla dottrina sicura della Chiesa, ma ripete che Dio salva persone, non dottrine, non libri. Ha certamente anche un’audacia che gli permette gesti che forse non avrebbe osato papa Benedetto. Ma pensando al carisma dirompente di Giovanni Paolo II (che si appoggiava sulla collaborazione costante dell’allora Cardinale Ratzinger) e alle sue numerose “prime volte”, non si può spiegare tutto con le differenze di temperamento – che ci sono. C'è un cammino della Chiesa che rivela una continuità molto maggiore di quanto i media vorrebbero far intendere o riescono a cogliere. E in questa continuità c'è una maturazione dei tempi o dei problemi, e quindi, una normale accelerazione dei processi già iniziati o un arrivare a compimento di questi processi.
Anche il mondo non rimane fermo. Il papa va ad un incontro di leader religiosi sulla fraternità umana, di cui non ha preso l’iniziativa. La globalizzazione mette sotto gli occhi di tutti che il mondo è interconnesso e che nessuno può vivere ignorando gli altri o magari sognando di conquistarli, vivendo nel frattempo protetto da muri.
Ma così non si perde l’identità missionaria della Chiesa?
L’idea che la Chiesa si è fatta della sua missione è stata per molto tempo inquinata dalla forma della Societas Perfecta. È vero che la Chiesa non è solo spirituale, è un corpo, è un popolo, è una Società. Però questa definizione, influenzata dall’esempio dell’Impero Romano prima, delle varie nazioni e dal potere temporale dei Papi, ha diffuso un idea troppo materiale della Chiesa. Ecco che allora si pensava, magari senza troppo rendersene conto: abbiamo la verità, Gesù è l’unico Signore, la nostra civiltà è la più progredita! Andare in missione assomigliava in qualche modo a una colonizzazione a fin di bene. Invece Gesù nel Vangelo parla di sale della terra che si scioglie per dare sapore, di luce del mondo che non serve se stessa, chiede di farsi servi e schiavi, non colonizzatori e nemmeno “buoni padroni”. La Chiesa è stata veramente missionaria nei primi secoli, in modo profondamente efficace, pur non avendo soldi, né strutture, né distintivi, né privilegi nella Società. Molti fattori ci dicono che stiamo tornando irrevocabilmente a un modo di vivere il Cristianesimo vicino a quello dei primi secoli. Questo cambiamento non è sempre indolore, ma chi segue il Vangelo e gli Atti degli Apostoli va sicuro.


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