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lunedì 25 marzo 2019

PERCHE' LA CHIESA CATTOLICA NON AMMETTE IL MATRIMONIO DI PRETI E FRATI? 1 / 2


Un prete cattolico di rito greco con moglie e figlia.

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Un mio carissimo amico dialoga con me ogni tanto su punti di dottrina e di prassi della Chiesa e lo ringraziamo doppiamente per la fiducia e anche perché mi sprona ad affrontare argomenti che interessano molti. L'argomento di oggi richiede una risposta ampia da dividere in due post. 
"oggi ho terminato di leggere il regno di Salomone nel Vecchio Testamento. All’epoca i profeti e i sacerdoti avevano regolarmente moglie, come i pastori della nostra Chiesa cristiana evangelica. Perché i sacerdoti, i frati e superiori non hanno moglie e figli? così capirebbero meglio le esigenze della vita matrimoniale e dei figli, e ciò è voluto da Dio. Perché la Chiesa cattolica non ammette il matrimonio di preti e frati? Ti saluto caramente. P.

Sappiamo che questo argomento – celibato dei preti sì, celibato no – è molto serio e richiede attenzione, non solo perché fa parte delle domande ricorrenti della gente o di dibattiti dentro e fuori della Chiesa. Con la crisi della pedofilia torna alla ribalta. Sembra che in Germania alcuni vescovi vogliono riparlarne ufficialmente. Ma molte discussioni partono da un equivoco molto diffuso e, anche se non cambierà nulla alla prassi abituale è molto importante chiarire quello che fa veramente la Chiesa Cattolica e il perché lo fa, comprendere fino a che punto  questo modo di fare e di vedere le cose è conforme al Vangelo di Nostro Signore.
Gesù ha detto: «e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo 19,12). Tra parentesi, nel contesto di questa frase, gli Apostoli, di fronte alle esigenze del matrimonio secondo il piano di Dio, esclamano: «Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Altro che matrimonio soluzione magica di tutti i problemi! Comunque il dono del celibato per il regno dei cieli è di origine evangelica ed è un dono. Non è un obbligo. Questo è il punto nodale: dono gratuito. Gesù dice: «chi può capire capisca». San Paolo conferma con forza: «Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l'uomo non toccare donna; Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere. Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato. Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele. In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio». (1 Corinti 7, 1.7-9.24-28.38).
Questa raccomandazione di evitare il matrimonio se non si è già sposati è rivolta non solo ai presbiteri ma a tutti i battezzati, a tutti i giovani che devono impostare la propria vita! Si sa che la maggior parte dei presbiteri delle prime comunità cristiane erano uomini già sposati, ma con l’annuncio del Vangelo il tempo si è fatto breve, osserva san Paolo, e conviene rimanere nella condizione in cui stavi quando il Signore ti ha chiamato. Tutto il capitolo 7 della prima lettera ai Corinti è da leggere e meditare. Con tutti i film americani scemi che presentano angeli mandati da Dio ad aiutare qualche ragazza in difficoltà, e scoprono che il paradiso non era poi così completo e preferiscono lasciarlo per rimanere sulla terra al fine di poter sperimentare l’amore sentimentale e matrimoniale umano, si è totalmente travolto il messaggio biblico. Ricordo una donna già di età che diceva di Mons. Milingo quando si è sposato a 70 anni: “Si vede che non è mai stato sposato, non sa che cos'è il matrimonio!...” Questa riflessione di una donna disillusa non è però la posizione della Chiesa. Per la Chiesa il matrimonio è santo, ma essa riceve da Gesù anche il dono del celibato e della verginità per il regno dei cieli che aiuta chi ha questo dono – è sempre e solo un dono – ad essere più unito al Signore. Un dono può essere difficile da vivere, sopratutto in alcuni momento della vita. Se il matrimonio è un dono grandissimo e spesso è difficilissimo da vivere – lo vediamo tutti i giorni – perché le difficoltà del celibato dovrebbero far capire che il celibato non è un dono e pretendere di cancellarlo? A cercare solo di evitare le difficoltà non si migliora ma si scende sempre più in basso. Conosco un prete che ha lasciato per sposarsi, poi ha divorziato. I divorzi di pastori nelle chiese evangeliche sono una realtà. Un pastore luterano diceva che oggi un pastore non può più essere sposato, perché la donna che accetta di stare nell’ombra non esiste più e due pastori nella stessa comunità non vanno bene. Riportando questa riflessione non voglio dire che sia come dice quest’uomo, o che sia sempre così. Voglio dire che il rapporto tra matrimonio e ministero può essere vissuto da persone buone e sincere con difficoltà. È questa d’altronde la posizione di san Paolo.
(Segue al post successivo del 27 marzo...)

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