In Irlanda papa Francesco si è confrontato con il problema degli abusi sessuali di membri del clero e consacrati. Oltre alle
richieste di perdono ad ogni incontro, in particolare come atto penitenziale particolareggiato
alla Messa di chiusura, papa Francesco ha incontrato vittime di abusi, ne ha
parlato, ecc. e sull’aereo del ritorno ha affrontato di nuovo il problema
con i giornalisti.
Degno di nota il suo racconto della vicenda dei “Ramonones”, dal nome del
parroco don Ramòn, quei sacerdoti di Granada in Spagna, accusati falsamente da
un giovane molto intelligente ma psicolabile. Infangati dalla stampa, sospesi
dal vescovo, attaccati dalla gente in particolare della parrocchia… Dopo tre
anni, tutto cade, non era vero niente. Papa Francesco li ha invitati a ottobre
per una concelebrazione con lui di riconciliazione e riabilitazione. C'è anche
questo, oltre i casi di ricatti per questioni finanziarie, e, purtroppo ci sono i casi
veri e orrendi. Il vescovo di Lione, mons. Barbarin, arrivando in
diocesi trova un dossier su un prete, vero pedofilo ma ormai non più capace di
nuocere. Per la sua gestione del dossier un suo prete gli chiede di dimissionare. Forse un po’ esagerato … Allo stesso modo, sul memento di questi giorni
dell'ex Nunzio negli USA, Viganò, che attacca direttamente il papa, papa
Francesco dice che si commenta da sé. Leggetelo, poi, magari, più tardi,
parlerò … ha detto il Papa. Egli invita dunque i giornalisti a far informazione
in modo responsabile e a non fare processi a mezzo stampa che possono rovinare
persone e diffondere una sfiducia non motivata tra la gente e i fedeli riguardo
alla Chiesa. (Sta girando in questi giorni sui gruppi social una testimonianza
che sembra molto credibile di un sacerdote salesiano, don Lasarte, missionario
in Angola che invita i giornalisti, e tutti noi, a guardare l’insieme dei
sacerdoti che lavorano – anche a rischio della propria vita – senza altra
ricompensa e scopo che la gioia del Vangelo e delle persone aiutate).
Sotto alcuni estratti del dialogo con i giornalisti nel viaggio di ritorno
da Dublino:
Papa Francesco
Se ci sono sospetti o prove o mezze prove,
non vedo niente di cattivo nel fare un’indagine, sempre che si faccia sul
principio giuridico fondamentale: Nemo malus nisi probetur, nessuno
è cattivo se non lo si prova. E tante volte c’è la tentazione non solo di fare
l’indagine, ma di pubblicare che è stata fatta l’indagine e perché è
colpevole…, e così alcuni media – non i vostri, non so –
incominciano a creare un clima di colpevolezza. E mi permetto di dire una cosa
che è successa in questi tempi, che potrà aiutare in questo, perché per me è
importante come si procede e come i media possono
aiutare. Tre anni fa, più o meno, è incominciato a Granada il problema dei
cosiddetti preti pedofili, un gruppetto di sette-otto-dieci preti, che sono
stati accusati di abuso di minori e anche di fare feste, orge e queste cose.
L’accusa l’ho ricevuta io, direttamente: una lettera fatta da un giovane
ventitreenne; secondo lui era stato abusato, dava nomi e tutto. Un giovane che
lavorava in un collegio religioso di Granada, di molto prestigio; la lettera,
perfetta… E mi chiedeva cosa fare per denunciare questo. Io ho detto: “Vai
dall’Arcivescovo, l’Arcivescovo sa cosa tu devi fare”. L’Arcivescovo ha fatto
tutto quello che doveva fare, la cosa è arrivata anche al tribunale civile. Ci
sono stati i due processi. I media del posto hanno
incominciato a parlare, a parlare… Tre giorni dopo, tutto scritto nella
parrocchia, “preti pedofili” e cose del genere, e così si è creata la coscienza
che questi preti fossero criminali. Sette sono stati interrogati, e non si è
trovato nulla; su tre è andata avanti l’indagine, sono rimasti in carcere per
cinque giorni, due, e uno – padre Roman, che era il parroco – per sette giorni.
Durante quasi altri tre anni hanno sofferto l’odio, gli schiaffi di tutto il
popolo: criminalizzati, non potevano uscire fuori, e hanno sofferto umiliazioni
fatte dalla giuria per comprovare le accuse del ragazzo, che io non oso
ripetere qui. Dopo tre anni e più, la giuria dichiara innocenti i preti,
innocenti tutti, ma soprattutto questi tre: gli altri già erano fuori causa, e
colpevole il denunciante. Perché avevano visto che quel giovane era fantasioso,
ma era una persona molto intelligente e lavorava anche in un collegio cattolico
e aveva questo prestigio, che dava l’impressione di dire la verità. E’ stato
condannato, lui, a pagare le spese e tutte queste cose, e loro innocenti.
Questi uomini sono stati condannati dai media del posto prima
della giustizia. E per questo, il lavoro vostro è molto delicato: voi dovete
accompagnare, voi dovete dire le cose ma sempre con questa presunzione legale
di innocenza, e non la presunzione legale di colpevolezza! E c’è differenza tra
l’informatore che informa su un caso ma non si gioca per una previa condanna, e
l’investigatore, che fa lo “Sherlock Holmes”, che va con la presunzione di
colpevolezza. Quando noi leggiamo la tecnica di Hercule Poirot: per lui, tutti
erano colpevoli. Ma questo è il mestiere dell’investigatore. Sono due posizioni
diverse. Ma quelli che informano devono sempre partire dalla presunzione di
innocenza, dicendo le proprie impressioni, i dubbi…, ma senza dare condanne.
Questo caso successo a Granada per me è un esempio che farà a bene tutti noi,
nel nostro [rispettivo] mestiere.
Greg Burke
Nella prima parte [della domanda precedente]
aveva chiesto cosa potesse fare il popolo di Dio nella questione…
Papa Francesco
Ah sì, sì. Quando si vede qualcosa,
parlare subito. Io dirò un’altra cosa un po’ brutta. A volte, sono i genitori a
coprire un abuso di un prete. Tante volte. Si vede nelle sentenze. [Dicono:]
“Ma, no …”. Non credono, oppure si convincono che non sia vero, e il ragazzo o
la ragazza rimane così. Io ho per metodo di ricevere ogni settimana una o due
persone, ma non è matematico; e ho ricevuto una persona, una signora, che da 40
anni soffriva questa piaga del silenzio, perché i genitori non le avevano
creduto. E’ stata abusata a otto anni. Parlare, questo è importante. E’ vero
che per una madre, vedere questo..., sarebbe meglio che non fosse vero, e
allora pensa che il figlio forse ha delle fantasie... [Ma bisogna] parlare. E
parlare con le persone giuste, parlare con coloro che possono iniziare un
giudizio, almeno l’investigazione previa. Parlare con il giudice o con il
vescovo, o se il parroco è bravo parlare con il parroco. Questa è la prima cosa
che può fare il popolo di Dio. Queste cose non vanno coperte, non vanno
coperte. Mi diceva una psichiatra tempo fa – ma questo non voglio che sia
un’offesa alle donne – che per il senso di maternità, le donne sono più inclini
a coprire le cose del figlio che gli uomini. Ma non so se sia vero o no… Ma
questo è: parlare. Grazie.
Greg Burke
Del gruppo spagnolo c’è Javier Romero, di
“Rome Reports TV”.
Javier Romero
Santità, mi scusi, vorrei farLe due
domande. La prima è che il Primo Ministro dell’Irlanda, che è stato molto
diretto nel suo discorso, è orgoglioso di un nuovo modello di famiglia diverso
da quello che tradizionalmente propone la Chiesa fino adesso: parlo del
matrimonio omosessuale. E questo è forse uno dei modelli che genera più
scontri, nel caso specialmente di una famiglia cattolica, quando c’è una
persona di questa famiglia che dichiara di essere omosessuale. Santità, la
prima domanda che vorrei farLe è: che cosa pensa Lei, che cosa vorrebbe dire
Lei a un papà, a un padre, al quale il figlio dice che è omosessuale e che
vuole andare a convivere con il suo compagno. Questa è la prima domanda. E la
seconda, che appunto, anche Lei nel discorso con il primo ministro ha parlato
pure dell’aborto; abbiamo visto come l’Irlanda è cambiata tanto negli ultimi
anni e sembrava che il Ministro fosse, appunto, soddisfatto di questi
cambiamenti: uno di questi cambiamenti è stato proprio l’aborto. Noi abbiamo
visto che negli ultimi mesi, negli ultimi anni la questione dell’aborto è
venuta fuori in tanti Paesi, tra l’altro in Argentina, il Suo Paese. Lei come
si sente quando vede che, appunto, questo è un argomento di cui Lei parla
spesso e ci sono tanti Paesi in cui è messo…
Papa Francesco
Va bene. Incomincio dal secondo, ma sono
due punti – grazie di questo – perché sono legati alle questioni delle quali
stiamo parlando. Sull’aborto, voi sapete come la pensa la Chiesa. Il problema
dell’aborto non è un problema religioso: noi non siamo contro
l’aborto per la religione. No. E’ un problema umano, e va studiato
dall’antropologia. Studiare l’aborto incominciando dal fatto religioso, è
scavalcare il pensiero. Il problema dell’aborto va studiato dall’antropologia.
E sempre c’è la questione antropologica sull’eticità di far fuori un essere
vivente per risolvere un problema. Ma questa già è la discussione. Soltanto
voglio sottolineare questo: io non permetto mai che si incominci a discutere il
problema dell’aborto dal fatto religioso. No. E’ un problema antropologico, è
un problema umano. Questo è il mio pensiero.
Secondo. Sempre ci sono stati gli
omosessuali e le persone con tendenze omosessuali. Sempre. Dicono i sociologi,
ma non so se sia vero, che nei tempi di cambiamenti d'epoca crescono alcuni
fenomeni sociali ed etici, e uno di questi sarebbe questo. Questa è l’opinione
di alcuni sociologi. La tua domanda è chiara: cosa direi io a un papà che vede
che suo figlio o sua figlia ha quella tendenza. Io gli direi anzitutto di
pregare: prega. Non condannare, dialogare, capire, fare spazio al figlio o alla
figlia. Fare spazio perché si esprima. Poi, in quale età si manifesta questa
inquietudine del figlio? E’ importante. Una cosa è quando si manifesta da
bambino, quando ci sono tante cose che si possono fare, per vedere come sono le
cose; un’altra cosa è quando si manifesta dopo i 20 anni o cose del genere. Ma
io mai dirò che il silenzio è il rimedio: ignorare il figlio o la figlia con
tendenza omosessuale è una mancanza di paternità e maternità. Tu sei mio
figlio, tu sei mia figlia, così come sei; io sono tuo padre e tua madre,
parliamo. E se voi, padre e madre, non ve la cavate, chiedete aiuto, ma sempre
nel dialogo, sempre nel dialogo. Perché quel figlio e quella figlia hanno
diritto a una famiglia e la famiglia è questa che c’è: non cacciarlo via dalla
famiglia. Questa è una sfida seria alla paternità e alla maternità. Ti
ringrazio per la domanda, grazie.
Greg Burke
Grazie a Lei, Santo Padre.
Papa Francesco
E poi, io vorrei dire una cosa per gli
irlandesi che sono qui: io ho trovato tanta fede, in Irlanda. Tanta fede. E’
vero, il popolo irlandese ha sofferto tanto per gli scandali. Ma c’è fede, in
Irlanda, e forte. E inoltre il popolo irlandese sa distinguere, e cito quello
che oggi ho sentito da un prelato: “Il popolo irlandese sa distinguere bene tra
le verità e le mezze verità: è una cosa che ha dentro”. E’ vero che è in un
processo di elaborazione, di guarigione da questo scandalo; è vero che alcuni
si aprono a posizioni che sembrano allontanarsi dalla fede. Ma il popolo
irlandese ha una fede radicata e forte. Lo voglio dire perché è quello che ho
visto, ho sentito e su cui in questi due giorni mi sono informato.
Grazie per il vostro lavoro, grazie tante!
E pregate per me, per favore.
Greg Burke
Grazie a Lei. Buona cena e buon riposo.
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