Chiesa Saint Pierre di Yvetot, Francia: la santità che parte dal Cristo in Croce - Maestro vetraio Max Ingrand. |
Ho visto una rivista di stampa che pubblica il testo di GAUDETE ET EXSULTATE a puntate. Ho pensato che fosse una bella idea. Lo so che non c'è bisogno che io lo faccia, basta andare sul sito del Vaticano, oppure andare in libreria e comprarlo - che è sempre la soluzione migliore: avere il libretto cartaceo - ma comunque, per la gioia di condividere questa riflessione così bella del nostra Papa, su un argomento così importante per tutti, nella speranza di rendere servizio al meno ad uno o due amici, ecco, lo faccio anch'io. Chi vorrà potrà così averlo più comodamente sul suo cellulare.
ESORTAZIONE APOSTOLICA GAUDETE ET EXSULTATE
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
SULLA CHIAMATA ALLA SANTITÀ NEL MONDO CONTEMPORANEO
1.
«Rallegratevi ed esultate» (Mt 5,12), dice Gesù a coloro che sono
perseguitati o umiliati per causa sua. Il Signore chiede tutto, e quello che
offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci
vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre,
annacquata, inconsistente. In realtà, fin dalle prime pagine della Bibbia è
presente, in diversi modi, la chiamata alla santità. Così il Signore la
proponeva ad Abramo: «Cammina davanti a me e sii integro» (Gen 17,1).
2. Non ci si
deve aspettare qui un trattato sulla santità, con tante definizioni e
distinzioni che potrebbero arricchire questo importante tema, o con analisi che
si potrebbero fare circa i mezzi di santificazione. Il mio umile obiettivo è
far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla
nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità.
Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi «per essere santi e immacolati di
fronte a Lui nella carità» (Ef 1,4).
CAPITOLO PRIMO: LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ
I santi che
ci incoraggiano e ci accompagnano
4. I santi
che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di
comunione. Lo attesta il libro dell’Apocalisse quando parla dei martiri che
intercedono: «Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a
causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E
gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero,
non farai giustizia?”» (6,9-10). Possiamo dire che «siamo
circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. […] Non devo portare da solo
ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio
mi protegge, mi sostiene e mi porta».[1]
5. Nei
processi di beatificazione e canonizzazione si prendono in considerazione i
segni di eroicità nell’esercizio delle virtù, il sacrificio della vita nel
martirio e anche i casi nei quali si sia verificata un’offerta della propria
vita per gli altri, mantenuta fino alla morte. Questa donazione esprime
un’imitazione esemplare di Cristo, ed è degna dell’ammirazione dei fedeli.[2] Ricordiamo,
ad esempio, la beata Maria Gabriella Sagheddu, che ha offerto la sua vita per
l’unità dei cristiani.
I santi
della porta accanto
6. Non
pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati. Lo Spirito Santo riversa
santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio, perché «Dio volle
santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra
loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la
verità e lo servisse nella santità».[3] Il
Signore, nella storia della salvezza, ha salvato un popolo. Non esiste piena
identità senza appartenenza a un popolo. Perciò nessuno si salva da solo, come
individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di
relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha
voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo.
7. Mi piace
vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con
tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare
il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere.
In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della
Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di
quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per
usare un’altra espressione, “la classe media della santità”.[4]
8.
Lasciamoci stimolare dai segni di santità che il Signore ci presenta attraverso
i più umili membri di quel popolo che «partecipa pure dell’ufficio profetico di
Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per
mezzo di una vita di fede e di carità».[5] Pensiamo,
come ci suggerisce santa Teresa Benedetta della Croce, che mediante molti di
loro si costruisce la vera storia: «Nella notte più oscura sorgono i più grandi
profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane
invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono
stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei
libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli
avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo
soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato».[6]
9. La
santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa
Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua
presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo».[7] D’altra
parte, san Giovanni Paolo II ci ha ricordato che «la
testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta
patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti».[8] Nella
bella commemorazione ecumenica che egli volle celebrare al Colosseo durante il
Giubileo del 2000, sostenne che i martiri sono «un’eredità che parla con una
voce più alta dei fattori di divisione».[9]
Il Signore
chiama
10. Tutto
questo è importante. Tuttavia, quello che vorrei ricordare con questa
Esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno
di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono
santo» (Lv 11,44; 1 Pt 1,16). Il Concilio Vaticano
II lo ha
messo in risalto con forza: «Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e
di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati
dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella
stessa del Padre celeste».[10]
11. «Ognuno
per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando
si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono
testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché
cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via
unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che
ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé,
quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7)
e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per
lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme
esistenziali di testimonianza.[11] Di
fatto, quando il grande mistico san Giovanni della Croce scriveva il suoCantico
spirituale, preferiva evitare regole fisse per tutti e spiegava che i suoi
versi erano scritti perché ciascuno se ne giovasse «a modo suo».[12] Perché
la vita divina si comunica ad alcuni in un modo e ad altri in un altro.[13]
12. Tra le
diverse forme, voglio sottolineare che anche il “genio femminile” si manifesta
in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere la santità di Dio
in questo mondo. E proprio anche in epoche nelle quali le donne furono
maggiormente escluse, lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha
provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa.
Possiamo menzionare santa Ildegarda di Bingen, santa Brigida, santa Caterina da
Siena, santa Teresa d’Avila o Santa Teresa di Lisieux. Ma mi preme ricordare
tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a modo suo, hanno
sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro
testimonianza.
13. Questo
dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno a dare tutto sé stesso, per
crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per lui o
per lei da tutta l’eternità: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho
conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5).
Anche per te
14. Per
essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi.
Molte volte abbiamo la tentazione di pensare che la santità sia riservata a
coloro che hanno la possibilità di mantenere le distanze dalle occupazioni
ordinarie, per dedicare molto tempo alla preghiera. Non è così. Tutti siamo
chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria
testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una
consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei
sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie,
come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con
onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o
nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai
autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi
interessi personali.[14]
15. Lascia
che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia
che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo.
Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia
possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua
vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di
invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli:
“Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un
poco migliore”. Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò
di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di
doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la
testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall’amore del
Signore, «come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).
16. Questa
santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. Per
esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e
inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé:
“No, non parlerò male di nessuno”. Questo è un passo verso la santità. Poi, a
casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca,
si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta
che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore
della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via
di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con
lui con affetto. Anche questo è un passo avanti.
17. A volte
la vita presenta sfide più grandi e attraverso queste il Signore ci invita a
nuove conversioni che permettono alla sua grazia di manifestarsi meglio nella
nostra esistenza «allo scopo di farci partecipi della sua santità» (Eb 12,10).
Altre volte si tratta soltanto di trovare un modo più perfetto di vivere quello
che già facciamo: «Ci sono delle ispirazioni che tendono soltanto ad una
straordinaria perfezione degli esercizi ordinari della vita cristiana».[15] Quando
il Cardinale Francesco Saverio Nguyên Van Thuân era in carcere, rinunciò a
consumarsi aspettando la liberazione. La sua scelta fu: «vivo il momento
presente, colmandolo di amore»; e il modo con il quale si concretizzava questo
era: «afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni
ordinarie in un modo straordinario».[16]
18. Così,
sotto l’impulso della grazia divina, con tanti gesti andiamo costruendo quella
figura di santità che Dio ha voluto per noi, ma non come esseri autosufficienti
bensì «come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4,10).
Bene hanno insegnato i Vescovi della Nuova Zelanda che è possibile amare con
l’amore incondizionato del Signore perché il Risorto condivide la sua vita
potente con le nostre fragili vite: «Il suo amore non ha limiti e una volta
donato non si è mai tirato indietro. E’ stato incondizionato ed è rimasto
fedele. Amare così non è facile perché molte volte siamo tanto deboli. Però,
proprio affinché possiamo amare come Lui ci ha amato, Cristo condivide la sua
stessa vita risorta con noi. In questo modo, la nostra vita dimostra la sua
potenza in azione, anche in mezzo alla debolezza umana».[17]
La tua
missione in Cristo
19. Per un
cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza
concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio,
la vostra santificazione» (1 Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è
un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato
della storia, un aspetto del Vangelo.
20. Tale
missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire
da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua
vita. Consiste nell’unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico
e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui. Ma può anche
implicare di riprodurre nella propria esistenza diversi aspetti della vita
terrena di Gesù: la vita nascosta, la vita comunitaria, la vicinanza agli
ultimi, la povertà e altre manifestazioni del suo donarsi per amore. La
contemplazione di questi misteri, come proponeva sant’Ignazio di Loyola, ci
orienta a renderli carne nelle nostre scelte e nei nostri atteggiamenti.[18] Perché
«tutto nella vita di Gesù è segno del suo mistero»,[19] «tutta
la vita di Cristo è Rivelazione del Padre»,[20] «tutta
la vita di Cristo è mistero di Redenzione»,[21] «tutta
la vita di Cristo è mistero di ricapitolazione»,[22] e
«tutto ciò che Cristo ha vissuto fa sì che noi possiamo viverlo in Lui e che
Egli lo viva in noi».[23]
21. Il
disegno del Padre è Cristo, e noi in Lui. In definitiva, è Cristo che ama in
noi, perché «la santità non è altro che la carità pienamente vissuta».[24] Pertanto,
«la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da
quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla
sua».[25] Così,
ciascun santo è un messaggio che lo Spirito Santo trae dalla ricchezza di Gesù
Cristo e dona al suo popolo.
22. Per
riconoscere quale sia quella parola che il Signore vuole dire mediante un
santo, non conviene soffermarsi sui particolari, perché lì possono esserci
anche errori e cadute. Non tutto quello che dice un santo è pienamente fedele
al Vangelo, non tutto quello che fa è autentico e perfetto. Ciò che bisogna
contemplare è l’insieme della sua vita, il suo intero cammino di
santificazione, quella figura che riflette qualcosa di Gesù Cristo e che emerge
quando si riesce a comporre il senso della totalità della sua persona.[26]
23. Questo è
un forte richiamo per tutti noi. Anche tu hai bisogno di concepire la totalità
della tua vita come una missione. Prova a farlo ascoltando Dio nella preghiera
e riconoscendo i segni che Egli ti offre. Chiedi sempre allo Spirito che cosa
Gesù si attende da te in ogni momento della tua esistenza e in ogni scelta che
devi fare, per discernere il posto che ciò occupa nella tua missione. E
permettigli di plasmare in te quel mistero personale che possa riflettere Gesù
Cristo nel mondo di oggi.
24. Voglia
il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù
che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati
rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la tua preziosa
missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo
ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via
dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica
e illumina.
L’attività
che santifica
25. Poiché
non si può capire Cristo senza il Regno che Egli è venuto a portare, la tua
stessa missione è inseparabile dalla costruzione del Regno: «Cercate
innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6,33). La tua
identificazione con Cristo e i suoi desideri implica l’impegno a costruire, con
Lui, questo Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti. Cristo stesso
vuole viverlo con te, in tutti gli sforzi e le rinunce necessari, e anche nelle
gioie e nella fecondità che ti potrà offrire. Pertanto non ti santificherai
senza consegnarti corpo e anima per dare il meglio di te in tale impegno.
26. Non è
sano amare il silenzio ed evitare l’incontro con l’altro, desiderare il riposo
e respingere l’attività, ricercare la preghiera e sottovalutare il servizio.
Tutto può essere accettato e integrato come parte della propria esistenza in
questo mondo, ed entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo
chiamati a vivere la contemplazione anche in mezzo all’azione, e ci
santifichiamo nell’esercizio responsabile e generoso della nostra missione.
27. Forse
che lo Spirito Santo può inviarci a compiere una missione e nello stesso tempo
chiederci di fuggire da essa, o che evitiamo di donarci totalmente per
preservare la pace interiore? Tuttavia, a volte abbiamo la tentazione di
relegare la dedizione pastorale e l’impegno nel mondo a un posto secondario,
come se fossero “distrazioni” nel cammino della santificazione e della pace
interiore. Si dimentica che «non è che la vita abbia una missione, ma che è
missione».[27]
28. Un
impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di
dominare, certamente non sarà santificante. La sfida è vivere la propria
donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci
identifichino sempre più con Gesù Cristo. Da qui il fatto che si parli spesso,
ad esempio, di una spiritualità del catechista, di una spiritualità del clero
diocesano, di una spiritualità del lavoro. Per la stessa ragione, in Evangelii gaudium ho voluto
concludere con una spiritualità della missione, in Laudato si’ con una spiritualità
ecologica e in Amoris laetitia, con una spiritualità
della vita familiare.
29. Questo
non implica disprezzare i momenti di quiete, solitudine e silenzio davanti a
Dio. Al contrario. Perché le continue novità degli strumenti tecnologici,
l’attrattiva dei viaggi, le innumerevoli offerte di consumo, a volte non
lasciano spazi vuoti in cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole,
di piaceri epidermici e di rumori ad una velocità sempre crescente. Lì non
regna la gioia ma l’insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive. Come
dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per
recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si
intavola il dialogo sincero con Dio? In qualche momento dovremo guardare in
faccia la verità di noi stessi, per lasciarla invadere dal Signore, e non
sempre si ottiene questo se uno «non viene a trovarsi sull’orlo dell’abisso,
della tentazione più grave, sulla scogliera dell’abbandono, sulla cima
solitaria dove si ha l’impressione di rimanere totalmente soli».[28] In
questo modo troviamo le grandi motivazioni che ci spingono a vivere fino in
fondo i nostri compiti.
30. Gli
stessi strumenti di svago che invadono la vita attuale ci portano anche ad
assolutizzare il tempo libero, nel quale possiamo utilizzare senza limiti quei
dispositivi che ci offrono divertimento e piaceri effimeri.[29] Come
conseguenza, è la propria missione che ne risente, è l’impegno che si
indebolisce, è il servizio generoso e disponibile che inizia a ridursi. Questo
snatura l’esperienza spirituale. Può essere sano un fervore spirituale che
conviva con l’accidia nell’azione evangelizzatrice o nel servizio agli altri?
31. Ci
occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il
servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni
istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore. In questo
modo, tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione.
Più vivi,
più umani
32. Non
avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il
contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti
ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle
schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità. Questa realtà si riflette
in santa Giuseppina Bakhita, che fu «resa schiava e venduta come tale alla
tenera età di sette anni, soffrì molto nelle mani di padroni crudeli. Tuttavia
comprese la verità profonda che Dio, e non l’uomo, è il vero padrone di ogni
essere umano, di ogni vita umana. Questa esperienza divenne fonte di grande
saggezza per questa umile figlia d’Africa».[30]
33. Ogni
cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo.
I Vescovi dell’Africa Occidentale ci hanno insegnato: «Siamo chiamati, nello
spirito della nuova evangelizzazione, ad essere evangelizzati e a evangelizzare
mediante la promozione di tutti i battezzati, affinché assumiate i vostri ruoli
come sale della terra e luce del mondo dovunque vi troviate».[31]
34. Non
avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non
avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende
meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia.
In fondo, come diceva León Bloy, nella vita «non c’è che una tristezza, […]
quella di non essere santi».[32]
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