Bergoglio nelle periferie a Buenos Aires. |
Quando fu eletto Papa Francesco con la sua volontà di rilanciare il Concilio che si traduceva fin dall’inizio nei suoi atteggiamenti, nelle sue scelte di povertà e semplicità, ho provato una consolazione che mi ha accompagnato spontaneamente per un anno circa, al di là dei problemi interni od esterni che potevo avere. Prima vedevo le difficoltà del cammino della Chiesa e avendo già ricevuto tanto, avendo conosciuto Papa Giovanni Paolo II che è stato un segno per la mia fede fin dalla decisione della Chiesa di scegliere il vescovo di Roma oltre la cortina di ferro, ed è stato il punto di riferimento di tutta la mia formazione, consapevole dei miei peccati e limiti, mi rassegnavo alla fatica di allora. Non che mancassi di stima per Papa Benedetto. Ho toccato con mano la sua luminosità quando, ancora Cardinale, è venuto a Napoli per consacrare vescovo don Bruno Forte, e quando è stato eletto Papa, ho pensato che la Chiesa era molto ricca se aveva una tale personalità tra quelle disponibili. Ma non ho mai avuto un trasporto di empatia verso di lui (mio fratello sacerdote mi diceva: “Ratzinger espone il suo discorso in modo più consono al modo di ragionare francese, a differenza di Giovanni Paolo II”. Questo mi aiutava a stimarlo ancora di più e a relativizzare il mio punto di vista “italiano”). Oggi sono convinto che Papa Francesco sia il dono della Provvidenza per continuare l’applicazione del Concilio Vaticano II e guidare la Chiesa oggi. Questa convinzione scaturisce dal ragionare sui fatti, ma la mia consolazione intima la rafforza. Sosteniamo Papa Francesco con la preghiera, in modo speciale oggi nel suo 86° compleanno.
(Da cattolico francese simpatizzante di Papa Bergoglio, per chi devo tifare domani?)
PAPA FRANCESCO
Piazza San Pietro
Mercoledì, 30 novembre 2022
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Catechesi sul Discernimento.
10. La consolazione autentica
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Proseguendo la nostra riflessione sul discernimento, e in
particolare sull’esperienza spirituale chiamata “consolazione”, della quale
abbiamo parlato l’altro mercoledì, ci chiediamo: come riconoscere la vera consolazione?
È una domanda molto importante per un buon discernimento, per non essere
ingannati nella ricerca del nostro vero bene.
Possiamo trovare alcuni criteri in un passo degli Esercizi
spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. «Se nei pensieri tutto è buono –
dice Sant’Ignazio – il principio, il mezzo e la fine, e se tutto è orientato
verso il bene, questo è un segno dell’angelo buono. Può darsi invece che nel
corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona
di quella che l’anima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che
indebolisce l’anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la
pace, le toglie la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un
chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo» (n. 333).
Perché è vero: c’è una vera consolazione, ma anche ci sono delle consolazioni
che non sono vere. E per questo bisogna capire bene il percorso della
consolazione: come va e dove mi porta? Se mi porta a una cosa che va meno, che
non è buona, la consolazione non è vera, è “finta”, diciamo così.
E queste sono indicazioni preziose, che meritano un breve
commento. Cosa significa che il principio è orientato al bene,
come dice Sant’Ignazio di una buona consolazione? Ad esempio ho il pensiero di
pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo,
invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono. Può
invece accadere che quel pensiero sorga per evitare un lavoro o un incarico che
mi è stato affidato: ogni volta che devo lavare i piatti o pulire la casa, mi
viene una grande voglia di mettermi a pregare! Succede questo, nei conventi. Ma
la preghiera non è una fuga dai propri compiti, al contrario è un aiuto a realizzare
quel bene che siamo chiamati a compiere, qui e ora. Questo riguardo al
principio.
C’è poi il mezzo: Sant’Ignazio diceva che il
principio, il mezzo e la fine devono essere buoni. Il principio è questo: io ho
voglia di pregare per non lavare i piatti: vai, lava i piatti e poi vai a
pregare. Poi c’è il mezzo, vale a dire ciò che viene dopo, ciò che segue quel
pensiero. Rimanendo nell’esempio precedente, se comincio a pregare e, come fa
il fariseo della parabola (cfr Lc 18,9-14), tendo a
compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito
e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero
come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi
sentimenti. Se io vado a pregare e mi viene in mente quello del fariseo famoso
– “ti ringrazio, Signore, perché io prego, non sono come l’altra gente che non
ti cerca, non prega” – lì, quella preghiera finisce male. Quella consolazione
di pregare è per sentirsi un pavone davanti a Dio. E questo è il mezzo che non
va.
E poi c’è la fine: il principio, il mezzo e la
fine. La fine è un aspetto che abbiamo già incontrato, e cioè: dove mi porta un
pensiero? Per esempio, dove mi porta il pensiero di pregare. Ad esempio, qui
può capitare che mi impegni a fondo per un’opera bella e meritevole, ma questo
mi spinge a non pregare più, perché sono indaffarato da tante cose, mi scopro
sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a
perdere fiducia in Dio. Qui evidentemente c’è l’azione dello spirito cattivo.
Io mi metto a pregare, poi nella preghiera mi sento onnipotente, che tutto deve
essere nelle mie mani perché io sono l’unico, l’unica che sa portare avanti le
cose: evidentemente non c’è il buono spirito lì. Occorre esaminare bene il
percorso dei nostri sentimenti e il percorso dei buoni sentimenti, della
consolazione, nel momento in cui io voglio fare qualcosa. Come è il principio,
come è la metà e come è la fine.
Lo stile del nemico – quando parliamo del nemico, parliamo
del diavolo, perché il demonio esiste, c’è! – il suo stile, lo sappiamo, è di
presentarsi in maniera subdola, mascherata: parte da ciò che ci sta
maggiormente a cuore e poi ci attrae a sé, a poco a poco: il male entra di
nascosto, senza che la persona se ne accorga. E con il tempo la soavità diventa
durezza: quel pensiero si rivela per come è veramente.
Da qui l’importanza di questo paziente ma indispensabile
esame dell’origine e della verità dei propri pensieri; è un invito ad
apprendere dalle esperienze, da quello che ci capita, per non continuare a
ripetere i medesimi errori. Quanto più conosciamo noi stessi, tanto più
avvertiamo da dove entra il cattivo spirito, le sue “password”, le porte
d’ingresso del nostro cuore, che sono i punti su cui siamo più sensibili, così
da farvi attenzione per il futuro. Ognuno di noi ha i punti più sensibili, i
punti più deboli della propria personalità: e da lì entra il cattivo spirito e
ci porta per la strada non giusta, o ci toglie dalla vera strada giusta. Vado a
pregare ma mi toglie dalla preghiera.
Gli esempi potrebbero essere moltiplicati a piacere,
riflettendo sulle nostre giornate. Per questo è così importante l’esame di
coscienza quotidiano: prima di finire la giornata, fermarsi un po’. Cosa è
successo? Non nei giornali, non nella vita: cosa è successo nel mio cuore? Il
mio cuore è stato attento? È cresciuto? È stata una strada che ha passato
tutto, a mia insaputa? Cosa è successo nel mio cuore? E questo esame è
importante, è la fatica preziosa di rileggere il vissuto sotto un particolare
punto di vista. Accorgersi di ciò che capita è importante, è segno che la
grazia di Dio sta lavorando in noi, aiutandoci a crescere in libertà e
consapevolezza. Noi non siamo soli: è lo Spirito Santo che è con noi. Vediamo
come sono andate le cose.
La consolazione autentica è una sorta di conferma del
fatto che stiamo compiendo ciò che Dio vuole da noi, che camminiamo sulle sue
strade, cioè nelle strade della vita, della gioia, della pace. Il
discernimento, infatti, non verte semplicemente sul bene o sul massimo bene
possibile, ma su ciò che è bene per me qui e ora: su questo sono
chiamato a crescere, mettendo dei limiti ad altre proposte, attraenti ma
irreali, per non essere ingannato nella ricerca del vero bene.
Fratelli e sorelle, bisogna capire, andare avanti nel
capire cosa succede nel mio cuore. E per questo ci vuole l’esame di coscienza,
per vedere cosa è successo oggi. “Oggi mi sono arrabbiato lì, non ho fatto
quello …”: ma perché? Andare oltre il perché è cercare la radice di questi
sbagli. “Ma, oggi sono stato felice ma ero annoiato perché dovevo aiutare
quella gente, ma alla fine mi sono sentito pieno, piena per quell’aiuto”: e c’è
lo Spirito Santo. Imparare a leggere nel libro del nostro cuore cosa è successo
durante la giornata. Fatelo, solo due minuti, ma vi farà bene, ve lo assicuro.
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