John Forbes Jr e Alicia Nash il giorno del loro matrimonio. |
Ieri, con sant’Andrea, evangelizzatore dell’Oriente come
suo fratello Pietro è simbolo dell’evangelizzazione dell’Occidente, abbiamo parlato
della paura della morte vinta dalla fede nella Risurrezione. Ma come dice san
Paolo ai romani (prima lettura di ieri) “Come crederanno in colui del quale non
hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo
annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?” ...
Qualche giorno fa sul suo blog Costanza Miriano
ha scritto cose interessanti e vivaci sulla paura. Ci farà bene
leggerlo.
Il freddo dentro
di Costanza Miriano
Questa volta non ho
parlato con padre Maurizio, quindi non so cosa dirà venerdì al primo dei
cinque passi di quest’anno, dedicato alla paura, e purtroppo io non
ci sarò perché ad Arezzo e Prato.
Però voglio dire qualcosa anche io sulla paura, che sarà il tema dell’incontro.
Innanzitutto voglio
dire che anche io avrei una paura tremenda se non confidassi in Dio, e ogni
volta che stacco la mano dalla sua mi torna, la paura. Paura di morire e di
tutte le piccole morti che sono gli insuccessi, gli abbandoni, la paura della
solitudine, di non essere amati, della casa piccola dello stipendio basso e via
dicendo. Avrei soprattutto, paurissima della morte dei nostri figli, molto più
che della mia o di mio marito. Mi sembrerebbe intollerabile. Io penso che
tutte le paranoie e le ipocondrie dell’uomo contemporaneo vengano dalla paura
della morte, e ci mancherebbe che non ne avesse, avendo eliminato Dio. Io se
non credessi sarei morta di paura. Soprattutto paura di non essere amata
abbastanza. Non mi ricordo se fosse santa teresina, comunque c’è una santa che
si stupiva che tutta la gente lontana dalla fede non la facesse finita con la
vita. Come fanno a reggersi in piedi? Probabilmente distraendosi (l’industria
più fiorente è senza dubbio quella dell’entertainment).
Siamo in un tempo che
vuole esorcizzare tutte le paure: quella della sofferenza, quella della
malattia (con l’eutanasia), quella dei figli disabili (con la diagnosi
prenatale: leggi, l’eliminazione dei malati), quella del futuro in generale
(non si fanno figli), quella dell’impegno (non ci si sposa), quella della noia
e della solitudine (siamo sempre connessi). Quanto alla morte, poiché non si
può esorcizzare, non se ne parla mai (quando qualcuno “si spegne”, o “ci
lascia”, o “sale in cielo” vietato farlo vedere ai bambini). Non si vive
preparandosi, come con l’esercizio della
buona morte, non si nomina mai, e giustamente, perché se non ci
fosse un Padre buono ad aspettarci sarebbe un incubo.
Ma quella di
controllare le paure ignorandole è un’illusione, funziona solo per un po’.
L’unico modo è andare in fondo alle paure, sperimentandole. Vivendo e
verificando. Andando da soli in cantina a prendere il latte (cantare Heidi
molto forte aiuta). Andando alla festa dove non conosci nessuno e hai paura di
passare per sfigata (ovviamente passerai davvero per sfigata, ma scoprirai che
sopravvivi lo stesso). Uscendo con quella persona, facendo quel lavoro per il
quale non sei perfettamente adeguata. Lo puoi fare, ma solo se sai che c’è
qualcuno che ti ama pazzamente, con un amore più tenero di quello del primo
bacio che Maria diede a Gesù bambino (non so quale mistico lo abbia detto, ma
da quando l’ho sentito dire da un sacerdote non riesco a smettere di pensarci).
John Nash. |
L'altro giorno ho visto in buona parte "A Beautiful Mind" un film con Russell Crowe su John Nash, genio matematico, Premio Nobel per l'economia e schizofrenico. Il film, romanzato, fa vedere lo scienziato anziano e guarito, cioè che ha ancora allucinazioni e paure, ma ha imparato a non dar loro retta perché nei momenti di lucidità ne ha compreso la natura. Inoltre mostra la sua guarigione come un cammino di costruzione di relazioni con gli altri e in particolare l'amore della moglie. Nel film il personaggio dichiara che la sua più grande scoperta è che sono le misteriose equazioni dell'amore che lo hanno salvato. La fede, che è un cammino esperienziale, porta a fidarsi della Parola del Signore e non più delle proprie idee e sensazioni. Tutti i maestri spirituali raccomandano sempre la diffidenza da se stesso e la totale confidenza nella Parola di Dio. Alla base della malattia di John Nash c'era un carattere solitario e arrogante, con una assoluta confidenza nella propria intelligenza e personalità.
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