Guido Reni - La moglie di Putifar tenta Giuseppe. |
Mentre le letture della Messa ci presentavano l'insegnamento di san Paolo sul matrimonio in occasione della sua lettera agli Efesini, papa Francesco faceva catechesi sullo stesso argomento durante le udienze del mercoledì. Eccone il testo. Come ha detto lo Spirito Santo al giovane Agostino: prendi e leggi!:
Catechesi del Papa sui Comandamenti, 11:
Non commettere adulterio
Cari
fratelli e sorelle, buongiorno!
Nel
nostro itinerario di catechesi sui Comandamenti arriviamo oggi alla Sesta
Parola, che riguarda la dimensione affettiva e sessuale, e recita: «Non
commettere adulterio».
Il
richiamo immediato è alla fedeltà, e in effetti nessun rapporto umano è
autentico senza fedeltà e lealtà.
Non
si può amare solo finché “conviene”; l’amore si manifesta proprio oltre la
soglia del proprio tornaconto, quando si dona tutto senza riserve. Come afferma
il Catechismo: «L’amore vuole essere
definitivo. Non può essere “fino a nuovo ordine”» (n. 1646). La fedeltà è la caratteristica della
relazione umana libera, matura, responsabile. Anche un amico si dimostra
autentico perché resta tale in qualunque evenienza, altrimenti non è un amico.
Cristo rivela l’amore autentico, Lui che vive dell’amore sconfinato del Padre,
e in forza di questo è l’Amico fedele che ci accoglie anche quando sbagliamo e
vuole sempre il nostro bene, anche quando non lo meritiamo.
L’essere
umano ha bisogno di essere amato senza condizioni, e chi non riceve questa
accoglienza porta in sé una certa incompletezza, spesso senza saperlo. Il cuore
umano cerca di riempire questo vuoto con dei surrogati, accettando compromessi
e mediocrità che dell’amore hanno solo un vago sapore. Il rischio è quello di
chiamare “amore” delle relazioni acerbe e immature, con l’illusione di trovare
luce di vita in qualcosa che, nel migliore dei casi, ne è solo un riflesso.
La
chiamata alla vita coniugale richiede, pertanto, un accurato discernimento
sulla qualità del rapporto e un tempo di fidanzamento per verificarla. Per
accedere al Sacramento del matrimonio, i fidanzati devono maturare la certezza
che nel loro legame c’è la mano di Dio, che li precede e li accompagna, e
permetterà loro di dire: «Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele
sempre». Non possono promettersi fedeltà «nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia», e di amarsi e onorarsi tutti i giorni della
loro vita, solo sulla base della buona volontà o della speranza che “la cosa
funzioni”. Hanno bisogno di basarsi sul terreno solido dell’Amore fedele di
Dio. E per questo, prima di ricevere il Sacramento del Matrimonio, ci vuole
un’accurata preparazione, direi un catecumenato, perché si gioca tutta la vita
nell’amore, e con l’amore non si scherza. Non si può definire “preparazione al
matrimonio” tre o quattro conferenze date in parrocchia; no, questa non è
preparazione: questa è finta preparazione. E la responsabilità di chi fa questo
cade su di lui: sul parroco, sul vescovo che permette queste cose. La
preparazione deve essere matura e ci vuole tempo. Non è un atto formale: è un
Sacramento. Ma si deve preparare con un vero catecumenato.
La
fedeltà infatti è un modo di essere, uno stile di vita. Si lavora con lealtà,
si parla con sincerità, si resta fedeli alla verità nei propri pensieri, nelle
proprie azioni. Una vita intessuta di fedeltà si esprime in tutte le dimensioni
e porta ad essere uomini e donne fedeli e affidabili in ogni circostanza.
Ma
per arrivare ad una vita così bella non basta la nostra natura umana, occorre
che la fedeltà di Dio entri nella nostra esistenza, ci contagi. Questa Sesta
Parola ci chiama a rivolgere lo sguardo a Cristo, che con la sua fedeltà può
togliere da noi un cuore adultero e donarci un cuore fedele. In Lui, e solo in
Lui, c’è l’amore senza riserve e ripensamenti, la donazione completa senza
parentesi e la tenacia dell’accoglienza fino in fondo.
Dalla
sua morte e risurrezione deriva la nostra fedeltà, dal suo amore incondizionato
deriva la costanza nei rapporti. Dalla comunione con Lui, con il Padre e con lo
Spirito Santo deriva la comunione fra di noi e il saper vivere nella fedeltà i
nostri legami.
In Cristo trova pienezza la
nostra vocazione sponsale
Cari
fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi
vorrei completare la catechesi sulla Sesta Parola del Decalogo – “Non
commettere adulterio” –, evidenziando che l’amore fedele di Cristo è la luce
per vivere la bellezza dell’affettività umana. Infatti, la nostra dimensione
affettiva è una chiamata all’amore, che si manifesta nella fedeltà,
nell’accoglienza e nella misericordia. Questo è molto importante. L’amore come
si manifesta? Nella fedeltà, nell’accoglienza e nella misericordia.
Non
va, però, dimenticato che questo comandamento si riferisce esplicitamente alla
fedeltà matrimoniale, e dunque è bene riflettere più a fondo sul suo
significato sponsale. Questo brano della Scrittura, questo brano
della Lettera di San Paolo, è rivoluzionario! Pensare, con l’antropologia di
quel tempo, e dire che il marito deve amare la moglie come Cristo ama la
Chiesa: ma è una rivoluzione! Forse, in quel tempo, è la cosa più
rivoluzionaria che è stata detta sul matrimonio. Sempre sulla strada
dell’amore. Ci possiamo domandare: questo comando di fedeltà, a chi è destinato?
Solo agli sposi? In realtà, questo comando è per tutti, è una Parola paterna di
Dio rivolta ad ogni uomo e donna.
Ricordiamoci
che il cammino della maturazione umana è il percorso stesso dell’amore che va
dal ricevere cura alla capacità di offrire cura,
dal ricevere la vita alla capacità di dare la vita.
Diventare uomini e donne adulti vuol dire arrivare a vivere l’attitudine sponsale
e genitoriale, che si manifesta nelle varie situazioni della
vita come la capacità di prendere su di sé il peso di qualcun altro e amarlo
senza ambiguità. È quindi un’attitudine globale della persona che sa assumere
la realtà e sa entrare in una relazione profonda con gli altri.
Chi
è dunque l’adultero, il lussurioso, l’infedele? È una persona immatura, che
tiene per sé la propria vita e interpreta le situazioni in base al proprio
benessere e al proprio appagamento. Quindi, per sposarsi, non basta
celebrare il matrimonio! Occorre fare un cammino dall’io al noi,
da pensare da solo a pensare in due, da vivere da solo a vivere in due: è un
bel cammino, è un cammino bello. Quando arriviamo a decentrarci, allora ogni
atto è sponsale: lavoriamo, parliamo, decidiamo, incontriamo gli
altri con atteggiamento accogliente e oblativo.
Ogni
vocazione cristiana, in questo senso, - ora possiamo allargare un po’ la
prospettiva, e dire che ogni vocazione cristiana, in questo senso, è sponsale.
Il sacerdozio lo è perché è la chiamata, in Cristo e nella
Chiesa, a servire la comunità con tutto l’affetto, la cura concreta e la
sapienza che il Signore dona. Alla Chiesa non servono aspiranti al ruolo di
preti – no, non servono, meglio che rimangano a casa –, ma servono uomini ai
quali lo Spirito Santo tocca il cuore con un amore senza riserve per la Sposa
di Cristo. Nel sacerdozio si ama il popolo di Dio con tutta la paternità, la
tenerezza e la forza di uno sposo e di un padre. Così anche la verginità
consacrata in Cristo la si vive con fedeltà e con gioia come relazione
sponsale e feconda di maternità e paternità.
Ripeto:
ogni vocazione cristiana è sponsale, perché è frutto del legame d’amore in cui
tutti siamo rigenerati, il legame d’amore con Cristo, come ci ha ricordato il
brano di Paolo letto all’inizio. A partire dalla sua fedeltà,
dalla sua tenerezza, dalla sua generosità
guardiamo con fede al matrimonio e ad ogni vocazione, e comprendiamo il senso
pieno della sessualità.
La
creatura umana, nella sua inscindibile unità di spirito e corpo, e nella sua
polarità maschile e femminile, è realtà molto buona, destinata ad amare ed
essere amata. Il corpo umano non è uno strumento di piacere, ma il luogo della
nostra chiamata all’amore, e nell’amore autentico non c’è spazio per la
lussuria e per la sua superficialità. Gli uomini e le donne meritano di più di
questo!
Dunque,
la Parola «Non commettere adulterio», pur se in forma negativa, ci
orienta alla nostra chiamata originaria, cioè all’amore sponsale pieno e
fedele, che Gesù Cristo ci ha rivelato e donato (cfr Rm 12,1).
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