Una altra chiesa prossima alla chiusura? |
Ieri e oggi, alla Gregoriana si è tenuto un Convegno sul "problema delle chiese ormai vuote" in tante parti del mondo. Il Papa ha mandato un messaggio così chiaro per esprimere il pensiero costante della Chiesa su questo problema che leggerlo è importante per avere uno sguardo di fede sulle nostre chiese e i vari beni culturali che custodiscono, anche se, grazie a Dio, non abbiamo il problema di dismetterli. Ho solo "snellito" leggermente il testo di Papa Francesco, senza alterarlo. Segnalo anche un articolo di Mons. Ravasi sul tema, su Avvenire del 27 novembre (https://www.avvenire.it/agora/pagine/chies-427281ed42c8497b91b043c9146d7303)
MESSAGGIO DI
PAPA FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO
"DIO NON ABITA PIÙ QUI? DISMISSIONE DI LUOGHI DI CULTO
E GESTIONE INTEGRATA DEI BENI CULTURALI ECCLESIASTICI"
[PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA, 29-30 NOVEMBRE 2018]
"DIO NON ABITA PIÙ QUI? DISMISSIONE DI LUOGHI DI CULTO
E GESTIONE INTEGRATA DEI BENI CULTURALI ECCLESIASTICI"
[PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA, 29-30 NOVEMBRE 2018]
Al Venerato Fratello Card.
Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
… San Paolo
VI, Pastore molto sensibile ai valori della cultura, rivolgendosi ai
partecipanti a un convegno di archivisti ecclesiastici, affermò che avere cura
dei documenti equivale ad avere il culto di Cristo, ad avere il senso della Chiesa,
narrando a noi stessi e a chi verrà dopo di noi la storia del «transitus
Domini» nel mondo (cfr Discorso agli archivisti ecclesiastici, 26 settembre 1963). Questa felice
espressione naturalmente può essere estesa a tutti i beni culturali della
Chiesa.
Anche San Giovanni Paolo II, particolarmente attento
alla rilevanza pastorale dell’arte e dei beni culturali, ebbe a dire: «Nel
formulare i loro progetti pastorali, le Chiese locali non mancheranno di
utilizzare adeguatamente i propri beni culturali. Questi, infatti, hanno una
singolare capacità di spingere le persone a una più viva percezione dei valori
dello spirito e, testimoniando in vario modo la presenza di Dio nella storia
degli uomini e nella vita della Chiesa, dispongono gli animi all'accoglimento
della novità evangelica» (Discorso all’Assemblea Plenaria della Pontificia
Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, 31 marzo 2000).
Seguendo il pensiero del
Magistero ecclesiale, possiamo pertanto elaborare quasi un discorso teologico
sui beni culturali, considerando che essi hanno parte nella sacra liturgia,
nell’evangelizzazione e nell’esercizio della carità. Essi, infatti, in primo
luogo rientrano fra quelle «cose» (res) che sono (o sono state)
strumenti del culto, «santi segni» secondo l’espressione del teologo Romano
Guardini (Lo spirito della liturgia. I santi segni, Brescia 1930,
113-204), «res ad sacrum cultum pertinentes», secondo la definizione
della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium (n. 122).
Il senso comune dei fedeli percepisce per gli ambienti e gli oggetti destinati
al culto la permanenza di una sorta di impronta che non si esaurisce anche dopo
che essi hanno perduto tale destinazione.
Ancora, i beni culturali
ecclesiastici sono testimoni della fede della comunità che li ha prodotti nei
secoli e per questo sono a loro modo strumenti di evangelizzazione che si
affiancano agli strumenti ordinari dell’annuncio, della predicazione e della
catechesi. Ma questa loro eloquenza originaria può essere conservata anche
quando non sono più utilizzati nella vita ordinaria del popolo di Dio, in
particolare attraverso una corretta esposizione museale, che non li considera
solo documenti della storia dell’arte, ma ridona loro quasi una nuova vita,
così che possano continuare a svolgere una missione ecclesiale.
Infine, i beni culturali sono
finalizzati alle attività caritative svolte dalla comunità ecclesiale. Ciò è
messo in luce ad esempio nella Passio del martire romano
Lorenzo, dove si narra che egli, «avuto l’ordine di consegnare i tesori della
Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e
vestito con i beni dati in elemosina» (Martirologium Romanum). E
l’iconografia sacra ha sovente interpretato questa tradizione mostrando san
Lorenzo nell’atto di vendere le preziose suppellettili del culto e di
distribuirne il ricavato ai poveri. Ciò costituisce un costante insegnamento
ecclesiale che, pur inculcando il dovere di tutela e conservazione dei beni
della Chiesa, e in particolare dei beni culturali, dichiara che essi non hanno
un valore assoluto, ma in caso di necessità devono servire al maggior bene
dell’essere umano e specialmente al servizio dei poveri.
Ben opportunamente dunque in
questi giorni si colloca il vostro Convegno. La constatazione che molte chiese,
fino a pochi anni fa necessarie, ora non lo sono più, per mancanza di fedeli e
di clero, o per una diversa distribuzione della popolazione nelle città e nelle
zone rurali, va accolta nella Chiesa non con ansia, ma come un segno dei tempi
che ci invita a una riflessione e ci impone un adattamento. E’ ciò che in
qualche modo afferma l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium quando,
sostenendo la superiorità del tempo sullo spazio, dichiara che «dare priorità
al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere
spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di
una catena in costante crescita, senza retromarce» (n. 223).
Questa riflessione, avviata da
tempo sul piano tecnico in ambito accademico e professionale, è stata già
affrontata da alcuni episcopati. …
Il convegno darà certamente
suggerimenti e indicherà linee di azione, ma le scelte concrete e ultime
spetteranno ai Vescovi. A loro raccomando vivamente che ogni decisione sia
frutto di una riflessione corale condotta in seno alla comunità cristiana e in
dialogo con la comunità civile. La dismissione non deve essere la prima e unica
soluzione a cui pensare, né mai essere effettuata con scandalo dei fedeli.
Qualora si rendesse necessaria, dovrebbe essere inserita per tempo nella ordinaria
programmazione pastorale, essere preceduta da una adeguata informazione e
risultare il più possibile condivisa.
Nel Primo libro dei Maccabei
si legge che, una volta liberata Gerusalemme e restaurato il tempio profanato
dai pagani, i liberatori, dovendo decidere la sorte delle pietre del vecchio
altare demolito, preferirono metterle da parte «finché fosse comparso un
profeta a decidere di esse» (4,46). Anche l’edificazione di una chiesa o la sua
nuova destinazione non sono operazioni trattabili solo sotto il profilo tecnico
o economico, ma vanno valutate secondo lo spirito della profezia: attraverso di
esse, infatti, passa la testimonianza della fede della Chiesa, che accoglie e
valorizza la presenza del suo Signore nella storia.
Nell’auspicare la migliore
riuscita del Convegno, imparto di cuore a Lei, caro Fratello, ai collaboratori,
ai relatori e a tutti i partecipanti la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 29 novembre
2018
Francesco
Nessun commento:
Posta un commento