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martedì 8 novembre 2016

IL VESCOVO SIA MARITO DI UNA SOLA DONNA lunedì - martedì XXXII sett.

papa Adriano II
Nella lettera a Tito, suo vero figlio nella fede, Paolo da indicazioni di comportamento per varie categorie di persone, in primis gli “episcopoi” (sorveglianti, vescovi) o ancora “presbyteroi” (anziani, presbiteri) della comunità. Le indicazioni sono di essere cristiani e quindi si assomigliano anche se, come in Efesini (5,21 ss), ci sono sfumature per la posizione e responsabilità di ciascuno.

Personalmente il vescovo deve essere irreprensibile e cioè “non arrogante, non irascibile, non dedito al vino, non percuotitore, non avido”. Deve invece essere “ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé”. Padrone di sé significa che deve avere la “egkrateia”, il dominio di sé, che fa parte del frutto dello Spirito Santo (Galati, 5,22). Deve essere un cristiano animato dallo Spirito Santo, e in più possibilmente essere “presbyteros”, cioè di una certa età, comunque avere lo spirito di anzianità.

Pope Orientale con la sua famiglia
Se ha famiglia, quest’ultima sarà il criterio più semplice per sapere se può guidare la famiglia di Dio, perché deve essere un pastore. Essere irreprensibile per un candidato significa essere marito di una sola donna e avere trasmesso la fede ai figli assieme alla buona educazione o meglio aver trasmesso la fede fino al punto che siano anche loro animati in tutto dallo spirito cristiano.
Due volte san Paolo dice che i candidati devono essere irreprensibili. Per cui possiamo dedurre che per guidare bene la propria famiglia bisogna essere “non arrogante, non irascibile, non dedito al vino, non percuotitore, non avido”, ma invece essere “ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé”. Penso che sia un buon identikit di un padre di famiglia.


Bisogna pure essere uomo di una sola donna. Cioè capace di amore fedele e di dominio di sé, capace di rimanere solo e casto in caso di vedovanza. Questo ultimo rilievo colpisce molto.

Qualcuno mi chiede “quando è stato istituito il voto di castità e di celibato”?

In Matteo 19, Gesù, dando un insegnamento sul matrimonio che esclude il divorzio suscita la risposta sconsolata oppure forse stizzita dei discepoli che dicono : «Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». 
Gesù sembra rispondere fuori argomento: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi … e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».
Invece Gesù va al cuore del problema. Chi ha la “egkrateia”, la padronanza di sé, può amare davvero per sempre, e questo si vede in chi è sposato dalla fedeltà anche quando la situazione si fa difficile, e, in chi non lo è, nella possibilità di rispondere alla chiamata di Dio a lasciare tutto per il Regno di Dio.

Il cristiano è casto, che si tratti di castità matrimoniale, con generosa donazione degli sposi l’uno all’altra e apertura alla vita, ossia essere pronti ad “accogliere i figli che Dio vorrà donarvi” come promesso il giorno del matrimonio, oppure di castità-continenza per il Regno dei Cieli che esclude il matrimonio. È uno spirito. 
“Egkrateia” (padronanza di sé) si può anche tradurre “castità”. P. ‘Afìf, era un prete libanese, di ricca famiglia musulmana sciita di Saida nel sud del Libano. Divenne cristiano cattolico di rito maronita e sentì la vocazione al sacerdozio. Il vescovo sapendo che rompeva con la sua famiglia rimasta musulmana lo incoraggiava a sposarsi prima di diventare prete perché non sia troppo solo. E lui rispose: “Gesù ha donato tutto se stesso per me, non voglio diminuire la mia donazione totale a Lui”. E da prete prese il nome di ‘Afìf che significa “casto”, “padrone di sé” in arabo. Fu ucciso da un suo beneficato musulmano.

Da una parte c'è il matrimonio che è un sacramento santo e non può essere opposto al ministero sacerdotale. Per cui nella Chiesa orientale sia ortodossa che cattolica, è rimasto la prassi di avere preti sposati.
Dall’altra parte c'è la chiamata intima che sentono alcuni a non sposarsi per il Regno di Dio.
È chiaro che nella Chiesa primitiva, gli apostoli imponevano le mani su uomini che erano celibi oppure già sposati per farne dei diaconi o dei presbiteri (sacerdoti) o dei vescovi. Diventare diacono o presbitero non significava rinnegare il proprio matrimonio. Però san Paolo dice subito insistendo : "Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato". (1Cor 7:20 e 24)
Per cui anche nella Chiesa orientale oggi, un uomo sposato può diventare prete, un prete celibe o vedovo non si può (ri)sposare.

Fin dall’antichità poi invalse la prassi che i ministri sacri dal momento dell’ordinazione, vivessero il più possibile come fratello e sorella con le loro mogli, almeno in alcuni periodi.
Ma san Paolino di Nola (354 – 431 d.c.) che era il vescovo della città era sposato con Theresia e in una sua lettera parla del matrimonio di due figli di vescovi. L’ultimo papa ad essere sposato fu papa Adriano II (867 – 872).

La Chiesa occidentale molto presto preferì scegliere i suoi preti tra coloro che sentivano nel cuore di essere eunuchi per il Regno dei Cieli. Si può dire che come legge generale si impose dopo l’anno mille, con anche tante dispense nei primi secoli.
Nella Chiesa orientale c'è la legge che i vescovi siano scelti solo tra i celibi.

Papa Benedetto disse: “è molto conveniente che la guida della comunità cristiana sia affidata a qualcuno che ha sentito e voluto scommettere tutta la sua vita, anche umana, sul Regno dei Cieli”. 
Un mio amico greco, ortodosso, disse: “Se voi parlate male dei preti che lo fanno per mestiere, figurati da noi, il pope con moglie e bambini. Quando ero bambino eravamo molto poveri; io e tutti i miei compagni andavamo a scuola scalzi, i figli del pope erano i soli ad avere le scarpe”.

Dopo il Concilio, dalle grandi discussioni sul celibato sacerdotale si occuparono i papi. Anche con documenti ufficiali importanti. Paolo VI con “Sacerdotalis Celibatus”. Giovanni Paolo II con “Pastores dabo vobis” concluse in un certo modo quelle discussioni, confermando la validità della scelta tradizionale della Chiesa a favore del celibato sacerdotale. Questo non gli impedì di canonizzare (cioè mostrare in esempio a tutti i fedeli) due preti ucraini cattolici uniati, padre e figlio (anche il figlio era sposato con già quattro figli) morti per la loro fede in un gulag sovietico.

Ci sono preti cattolici sposati: in Oriente, in terra Santa in particolare, ma anche in Italia nelle comunità albanesi (arbresh) presenti in Calabria e in Sicilia (Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo). Ci sono poi tutti quelli che, pastori protestanti o già preti anglicani, hanno chiesto di essere accolti nella Chiesa cattolica e sono diventati preti cattolici. A nessuno è mai stato chiesto di rinunciare al proprio matrimonio.
Il matrimonio non è contraddittorio con l’essere prete, ma il celibato sembra essere la condizione migliore.




Prima Lettura   Tt 1, 1-9
Stabilisci alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito
Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore.
Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. 
Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.  

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 23
Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore. 


Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. 

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.  

Canto al Vangelo 
  Fil 2,15
Alleluia, alleluia.

Risplendete come astri nel mondo,
tenendo salda la parola di vita.
Alleluia.

Vangelo 
  Lc 17, 1-6
Se sette volte ritornerà a te dicendo: Sono pentito, tu gli perdonerai.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe». 

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