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giovedì 24 novembre 2016

CARDINALE FRANÇOIS-XAVIER NGUYÊN VAN THUÂN. Andrea Dung Lac e compagni martiri vietnamiti. 24 novembre.

Il post di ieri era intitolato: Il rosso, colore dei cristiani. E nello sviluppo dicevo che però la Chiesa sceglie il verde per vivere la sua fede nel quotidiano. Il verde è il colore della speranza. Alla domanda: chi è il cristiano? San Basilio rispondeva: “Cristiano è colui che rimane vigilante ogni giorno e ogni ora, sapendo che il Signore viene”. Il cristiano è l’uomo della speranza, cioè colui che aspetta la venuta del Signore. Non ci salviamo da soli, ma aspettiamo il Signore pieni di fede, perché “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (dal Vangelo di oggi).  Un pensiero molto utile per la nostra vita e in particolare per il tempo di Avvento che sta per iniziare.

Mi è venuto ieri di citare il Cardinale Van Thuân, martire cioè testimone che ha dato la sua vita per il Vangelo amando i nemici malgrado le sofferenze terribili sopportate. Lo conoscevo pochissimo. Citarlo mi ha obbligato a cercare qualche informazione supplementare su di lui. E ho visto che anche lui ha scelto consapevolmente il colore verde. Non solo per il suo non ostentare mai le sue sofferenze e farne un’offerta per la riconciliazione di tutti gli uomini, e del suo popolo in particolare, e non di divisione, ma perché aveva scelto come motto episcopale l’espressione “Gaudium et Spes”, Gioia e Speranza, e la sua predicazione è stata tutta improntata sulla Speranza, anche durante gli anni di prigionia.

Ecco i titoli di alcuni suoi libri ripresi da Internet:

Il cammino della speranza. Testimoniare con gioia l'appartenenza a Cristo

Spera in Dio! 100 pagine di F.-X. Nguyên van Thuân

Testimoni della speranza. Esercizi spirituali tenuti alla presenza di Ss. Giovanni Paolo II

Preghiere di speranza. Tredici anni in carcere

"Nel 1987, nell'isolamento a Hoa-ma (Hanoi), ho voluto raccogliere per iscritto le meditazioni, le riflessioni di ogni giorno, sotto il titolo Preghiere di speranza: si tratta di una testimonianza di amore e di riconoscenza... Mi domanderete: "Come ha potuto portare con sé fuori dalla prigione ciò che ha scritto?". Riconosco che è stata un'avventura. Le guardie, all'inizio mie nemiche, col tempo sono diventate mie amiche, grazie all'amore di Gesù in mezzo a noi e per il nostro amore reciproco. Una di loro mi ha suggerito: "Scriva in una lingua straniera, metta in copertina: Esercizi di lingua straniera, con il pretesto di esercitarsi per non dimenticare tutto dopo anni di prigione". È ciò che ho fatto. Ho scritto su carta per brutta copia procuratami dai carcerieri, apponendo sulla copertina la scritta: Studio di lingua straniera. Ho scritto in italiano; ho scelto l'italiano perché, in Vietnam, questa lingua è meno conosciuta dell'inglese e del francese. Ora condivido con voi le gocce di acqua fresca che il Signore ha fatto cadere per farmi vivere durante il mio lungo pellegrinaggio attraverso il deserto" (dall'Introduzione). François-Xavier Nguyen Van Thuan, nato nel 1928 a Hue (Centro Vietnam), dal 1967 al 1975, è stato nominato arcivescovo coadiutore di Saigon (Hochiminhville) da Paolo VI. Dopo pochi mesi, però, con l'avvento del regime comunista è stato arrestato ed è rimasto in carcere dal 1975 al 1988.

Il Vangelo di oggi ci dice quale è la prospettiva della speranza per il cristiano.
Beati noi invitati fin d’ora al banchetto dell’Agnello, colui che toglie i peccati del mondo, come ci ricorda la prima lettura.

La coincidenza di queste riflessioni con la festa dei 117 martiri vietnamiti di oggi e la visita al papa del presidente vietnamita Tran Dai Quang di ieri, ci spingano a operare senza mai lasciarci rubare la Speranza. Auguri ai miei due nipoti, francesi ma nati in Vietnam, e credenti, cattolici convinti e praticanti.

Ecco, di seguito, l'omelia di Giovanni Paolo II al funerale del Cardinale van Thuân:
CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE
DEL CARDINALE FRANÇOIS-XAVIER NGUYÊN VAN THUÂN

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Venerdì, 20 settembre 2002

1. “La loro speranza è piena di immortalità” (Sap 3,4).
Queste consolanti parole del Libro della Sapienza ci invitano ad elevare, nella luce della speranza, la nostra preghiera di suffragio per l’anima eletta del compianto Cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuân, che ha posto l’intera sua vita proprio sotto il segno della speranza.
Certo, la sua scomparsa addolora quanti lo hanno conosciuto ed amato: i suoi familiari, in particolare la sua mamma, a cui rinnovo l’espressione della mia affettuosa vicinanza. Penso poi alla diletta Chiesa in Viêt Nâm, che lo ha generato alla fede; e penso anche all’intero popolo vietnamita, che il venerato Cardinale ha espressamente ricordato nel testamento spirituale, affermando di averlo sempre amato. Rimpiange il Cardinale Van Thuân la Santa Sede, al cui servizio egli ha speso i suoi ultimi anni, quale Vice Presidente e quindi Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
A tutti, anche in questo momento, egli sembra rivolgere con suadente affetto l’invito alla speranza. Quando, nell’anno 2000, gli domandai di dettare le meditazioni per gli Esercizi Spirituali alla Curia Romana, egli scelse come tema: “Testimoni della speranza”. Ora che il Signore l’ha saggiato “come oro nel crogiuolo” e l’ha gradito “come un olocausto”, possiamo veramente dire che “la sua speranza era piena di immortalità” (cfr Sap 3,4.6). Era piena, cioè, di Cristo, vita e risurrezione di quanti confidano in Lui.
2. Spera in Dio! Con quest’invito a confidare nel Signore il caro Porporato aveva iniziato le meditazioni degli Esercizi Spirituali. Le sue esortazioni mi sono rimaste impresse nella memoria per la profondità delle riflessioni, arricchite di continui ricordi personali, in gran parte relativi ai tredici anni passati in carcere. Raccontava che proprio in prigione aveva compreso che il fondamento della vita cristiana è “scegliere Dio solo”, totalmente abbandonandosi nelle sue mani paterne.
Siamo chiamati, aggiungeva alla luce dell’esperienza personale, ad annunciare a tutti il “Vangelo della speranza”; e precisava: solo con la radicalità del sacrificio si può portare a compimento questa vocazione, pur in mezzo alle prove più dure. “Valorizzare ogni dolore – egli diceva - come uno degli innumerevoli volti di Gesù Crocifisso e unirlo al suo significa entrare nella sua stessa dinamica di dolore-amore; significa partecipare della sua luce, della sua forza, della sua pace; significa ritrovare in noi una nuova e più piena presenza di Dio” (Testimoni della Speranza, Roma 2001, p. 124).
3. Ci si potrebbe domandare da dove egli traesse la pazienza e il coraggio che lo hanno sempre contraddistinto. Confidava, in proposito, che la sua vocazione sacerdotale era legata in modo misterioso ma reale al sangue dei martiri caduti nel secolo scorso mentre annunciavano il Vangelo in Viêt Nâm. “I martiri - osservava - ci hanno insegnato a dire di sì: un sì senza condizioni e limiti all’amore del Signore; ma anche un no alle lusinghe, ai compromessi, all’ingiustizia, magari con lo scopo di salvare la propria vita” (ibid. pp. 139-140). Ed aggiungeva che non si trattava di eroismo, ma di fedeltà maturata volgendo lo sguardo a Gesù, modello di ogni testimone e di ogni martire. Un’eredità da accogliere ogni giorno in una vita piena di amore e di mitezza.
4. Nel porgere l’ultimo saluto a questo eroico araldo del Vangelo di Cristo, ringraziamo il Signore per averci dato in lui un esempio luminoso di coerenza cristiana sino al martirio. Ha affermato di sé con impressionante semplicità: “Nell’abisso delle mie sofferenze … non ho mai cessato di amare tutti, non ho escluso nessuno dal mio cuore” (ibid. p. 124).
Il suo segreto era una indomita fiducia in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla sofferenza accettata con amore. In carcere celebrava ogni giorno l’Eucarestia con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano. Era questo il suo altare, la sua cattedrale. Il Corpo di Cristo era la sua “medicina”. Raccontava con commozione: “Ogni volta avevo l’opportunità di stendere le mani e di inchiodarmi sulla Croce con Gesù, di bere con lui il calice più amaro. Ogni giorno recitando le parole della consacrazione, confermavo con tutto il cuore e con tutta l’anima un nuovo patto, un patto eterno fra me e Gesù, mediante il suo sangue mescolato al mio” (ibid. p. 168).
5. “Mihi vivere Christus est” (Fil 1,21).Fedele sino alla morte, il Cardinale Nguyên Van Thuân ha fatto sua l’espressione dell’apostolo Paolo che poc’anzi abbiamo ascoltato. Ha conservato la serenità e persino la gioia anche durante la lunga e sofferta degenza ospedaliera. Negli ultimi giorni, quando ormai era incapace di parlare, rimaneva con lo sguardo fisso al Crocifisso che gli stava di fronte. Pregava in silenzio, mentre consumava il suo estremo sacrificio a coronamento di una esistenza segnata dall’eroica configurazione a Cristo sulla Croce. A lui ben si adattano le parole proclamate da Gesù nell’imminenza della sua Pasqua: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
Solo con il sacrificio di se stesso, il cristiano contribuisce alla salvezza del mondo. È stato così per il nostro venerato Fratello Cardinale. Egli ci lascia, ma resta il suo esempio. La fede ci assicura che non è morto, ma è entrato nel giorno eterno che non conosce tramonto.
6. “Santa Maria … prega per noi … nell’ora della nostra morte”. In prigione, quando gli era impossibile pregare, ricorreva a Maria: “Madre, tu vedi che sono all’estremo limite, non riesco a recitare nessuna preghiera. Allora, … mettendo tutto nelle tue mani, ripeterò semplicemente: “Ave Maria!” (ibid. p. 253).
Nel testamento spirituale, dopo aver chiesto perdono, il compianto Cardinale assicura di continuare ad amare tutti. “Sono sereno di partire, egli afferma, e non conservo odio per nessuno. Offro tutte le sofferenze che ho passato a Maria Immacolata e a San Giuseppe”.
Il testamento si chiude con una triplice raccomandazione: “Amate la Vergine Santa e abbiate fiducia in San Giuseppe, siate fedeli alla Chiesa, siate uniti e siate caritatevoli verso tutti”. C’è qui in sintesi la sua stessa esistenza.
Possa egli essere accolto ora, insieme a Giuseppe ed a Maria, a contemplare nella gioia del Paradiso il volto glorioso di Cristo, che sulla terra ha ardentemente cercato come sua unica speranza.
Amen!


Prima Lettura   Ap 18, 1-2. 21-23; 19, 1-3. 9 
E' caduta Babilònia la grande. 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 
Io, Giovanni, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore.
Gridò a gran voce:
«È caduta, è caduta Babilonia la grande,
ed è diventata covo di demòni,
rifugio di ogni spirito impuro,
rifugio di ogni uccello impuro
e rifugio di ogni bestia impura e orrenda». 
Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando:
«Con questa violenza sarà distrutta
Babilonia, la grande città,
e nessuno più la troverà.
Il suono dei musicisti,
dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba,
non si udrà più in te;
ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
il rumore della macina
non si udrà più in te;
la luce della lampada
non brillerà più in te;
la voce dello sposo e della sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra
e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte». 
Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva:
«Alleluia!
Salvezza, gloria e potenza
sono del nostro Dio,
perché veri e giusti sono i suoi giudizi.
Egli ha condannato la grande prostituta
che corrompeva la terra con la sua prostituzione,
vendicando su di lei
il sangue dei suoi servi!».
E per la seconda volta dissero:
«Alleluia!
Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!». 
Allora l’angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!».

Salmo Responsoriale   Dal Salmo 99
Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. 

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo. 

Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione. 

Canto al Vangelo
    Lc 21,28
Alleluia, alleluia.

Risollevatevi e alzate il capo, 
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia.


Vangelo 
  Lc 21, 20-28 
Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. 

Dal vangelo secondo Luca 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». 

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