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giovedì 22 settembre 2016

ERODE PRIGIONIERO TRA VECCHIO E NUOVO giovedì XXV sett T.O.

Il libro del Qoelet è noto a tutti per il suo pessimismo disilluso. Le sue due espressioni più famose si trovano nella prima lettura di oggi: “Vanità delle vanità: tutto è vanità” e “Non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Gli uomini sono molto sensibili alle novità, che siano desiderate o temute, che siano vere oppure artificiosamente elaborate. Chi non si ha mai avuto  la sua attenzione risvegliata da chi gli annuncia: “la sai l’ultima?” anche quando sa già che la tale notizia non sarà di importanza vitale.

Però lo sguardo un po’ più razionale di chi allarga la prospettiva, vede come Qoelet che, pur sotto forme diverse, in ogni tempo e sotto ogni latitudine, si ripetono gli stessi avvenimenti. Nascita, crescita, invecchiamento, malattia e morte, gioia e dolore, innamoramento e odio, entusiasmo e delusione, conquiste e perdite si succedono e si intrecciano. Le mode (vestiti ecc.) ritornano su se stesse dopo alcuni anni, i rapporti umani hanno le stesse dinamiche, l’umanità non riesce a liberarsi dalla guerra per quanto assurda sia, e allo stesso modo l’uomo cade in alcune dipendenze, in varie droghe, pur conoscendone in anticipo gli effetti negativi.


Per il credente la riflessione del Qoelet è un avvertimento contro gli entusiasmi senza fondamento di chi si nutre continuamente con le ultime novità, rimanendo alla fine vuoto (vano, vanità), contro gli schieramenti ciechi a favore dell’ultimo candidato che propone ciò che non potrà mantenere, i totalitarismi e le ideologie che promettono di creare “l’uomo nuovo” e seminano alla fine solo distruzione e anche persecuzione contro chi non si allinea al pensiero dominante.

Ma per il credente Qoelet rivela ancora qualcosa di più profondo: la sete di infinito che abita il più intimo del cuore dell’uomo. L’uomo non si soddisfa di quello che ha, vuole una vera novità che è aldilà di ciò che appare “sotto il sole”, il suo cuore non può essere colmato da questa terra che “resta sempre la stessa”.
Il credente è meno preda delle illusioni ma rimane però aperto alla speranza, aperto alle “sorprese di Dio”. È nel suo DNA, il dna dello Spirito che lo accompagna.

Nel Vangelo Erode rivela questa sua inquietudine di fronte alle notizie che si spandono su Gesù, e ha però un atteggiamento contraddittorio. Gesù alla corte viene “spiegato” in vari modi: è Giovanni Battista risorto, è uno degli antichi profeti, è Elia (che è il segno dell’ora del Messia). Erode ha fatto uccidere Giovanni Battista eppure aveva una certa sensibilità spirituale: “Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”. (Mc 6:20). Lo ha fatto uccidere per debolezza ed è rimasto profondamente segnato dal suo fallimento con quel giuramento sciagurato fatto alla figlia di Erodiade. (Mc 6, 17 – 29).
Leggendo attentamente la Scrittura, possiamo dire che, con il peso che aveva sulla coscienza e Giovanni Battista che dal cielo pregava per lui, Erode aveva veramente il desiderio di convertirsi, ma è rimasto prigioniero. Prigioniero della sua vecchia mentalità piena di orgoglio e di sensualità di re orientale, prigioniero di una fede infantile che cerca i miracoli e non solo un cammino del cuore, prigioniero del suo entourage sopratutto. Non affronta fino in fondo quella donna e quei cortigiani. Malgrado qualche qualità, l’Erode che ci presenta il Vangelo è rimasto nel “vecchio”!

Perseveriamo nel cammino di conversione, supplicando il Signore di aprirci la strada per uscire dal girare e rigirare che non va da nessuna parte ci cui parla il Qoelet. Anche noi abbiamo molti condizionamenti interiori ed esteriori che ci legano all’uomo vecchio che è ancora tanto potente in noi. Ma Gesù è il Vivente, vincitore del peccato e della morte, amico dei peccatori e dei pubblicani. Riconosciamo il nostro orgoglio e i nostri peccati e deponiamoli ai piedi della croce.

Gesù è il vero e unico Nuovo che può colmare il nostro cuore!


Prima Lettura   Qo 1, 2-11
Dal libro del Qoèlet
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Quale guadagno viene all’uomo
per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole?
Una generazione se ne va e un’altra arriva,
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge, il sole tramonta
e si affretta a tornare là dove rinasce.
Il vento va verso sud e piega verso nord.
Gira e va e sui suoi giri ritorna il vento.
Tutti i fiumi scorrono verso il mare,
eppure il mare non è mai pieno:
al luogo dove i fiumi scorrono,
continuano a scorrere.
Tutte le parole si esauriscono
e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.
Non si sazia l’occhio di guardare
né l’orecchio è mai sazio di udire.
Quel che è stato sarà
e quel che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole.
C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Ecco, questa è una novità»?
Proprio questa è già avvenuta 
nei secoli che ci hanno preceduto.
Nessun ricordo resta degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso quelli che verranno in seguito.

Canto al Vangelo    Gv 14,6
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore,
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.


Vangelo   Lc 9, 7-9
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». 
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.  

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