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lunedì 12 settembre 2016

12 settembre MARIA, SIAMO MOLTO DEBOLI, AIUTACI!

Ci sono quelli che danno tutto. Gesù che sovraccarica probabilmente la sua agenda accettando un’altra richiesta e si incammina verso la casa di questo centurione pagano (anche se raccomandato da anziani ebrei che vantano i suoi meriti). Il centurione stesso che cerca con tutti i mezzi la guarigione di un suo servo, senza per questo essere petulante, e manifesta la sua fede totale rispettando quello che pensa essere la sensibilità ebraica di Gesù che potrebbe trovarsi in difficoltà ad entrare nella casa di un pagano. Son questi i modelli da ammirare e imitare.

Ci sono poi quelli che danno il minimo sindacale. Nella comunità di Corinto, tra i fratelli, chiamati da Paolo “neonati in Cristo”, ci sono divisioni, culturali, di tribù, di simpatie, fino a formare fazioni. Questo prevale perfino nella celebrazione eucaristica. Le lingue lavorano veloce e tutta la città si fa un’idea negativa di questa nuova comunità che predica l’amore e vive ben diversamente. E la fonte dei commenti sono direttamente i membri delle comunità che si sfogano,  alcuni malignando, “in confidenza”, sotto segreto”, ecc., ecc. Come lo sai? Certo non è scritto nella Bibbia, ma da che mondo è mondo, ahimè … 
Di queste chiacchiere papa Francesco ha parlato ancora una volta, a braccio (dal profondo del cuore), il 9 settembre ai vescovi di recente nomina: “Le divisioni sono l’arma che il diavolo ha più alla mano per distruggere la Chiesa da dentro. Ha due armi, ma quella principale è la divisione; l’altra sono i soldi. Il diavolo entra per le tasche e distrugge con la lingua, con le chiacchiere che dividono e l’abitudine a chiacchierare è un’abitudine di terrorismo. Il chiacchierone è un terrorista che butta la bomba – la chiacchiera – per distruggere. Per favore, lottate contro le divisioni, perché è una delle armi che ha il diavolo per distruggere la Chiesa locale e la chiesa universale”.
“In particolare, le differenze dovute alle varie etnie presenti in uno stesso territorio non devono penetrare nelle comunità cristiane fino a prevalere sul loro bene. Ci sono sfide difficili da risolvere, ma con la grazia di Dio, la preghiera, la penitenza, si può.  La Chiesa è chiamata a sapersi porre sempre al di sopra delle connotazioni tribali-culturali e il Vescovo, visibile principio di unità, ha il compito di edificare incessantemente la Chiesa particolare nella comunione di tutti i suoi membri”.
Hai detto connotazioni tribali-culturali? Tribali? Traduci: “il paese è del paesano”.

Ma questi cristiani di Corinto, poverini, sono alle prime armi, neonati, ancora incapaci, appena salvati e ricoverati nell’Ospedale da Campo che è la Chiesa… D’accordo, ma questo non significa che non devono iniziare il cammino di conversione. Il demonio suggerisce anche lui le sue interpretazioni della Parola: “il prete ha detto che Dio ti ama così come sei, gli altri ti devono accettare, ecc.” “Dio ama senza rinfacciare, imitalo lascia fare tutto ciò che vuole a tuo figlio, ecc.”. Non lasciarti ingannare.
No, la chiesa non è un campo da gioco (alcuni portano perfino il pallone in chiesa assieme ai loro figli, l’ho visto con i miei occhi), la chiesa non è un ufficio o la strada dove lasciar suonare liberamente il tuo cellulare, o rispondere a una qualunque chiamata mentre stai celebrando il culto del Signore.
È la Cena del Signore che ci deve trasformare a immagine di Gesù, dei suoi atteggiamenti e dei suoi sentimenti, non il contrario. Non sono incaricato di trasformare il culto del Signore e il Cristianesimo a immagine della mia rozzezza.
Però allora come farò ad essere cristiano? Non posso essere così perfetto!
Infatti ci sono luoghi e tempi. Quando vieni alla Cena del Signore, col tuo comportamento apriti alla grazia perché cominci a trasformati. Poi a casa tua, potrai vivere più secondo quello che sono ancora i tuoi limiti. Sapendo che la tua meta è la piena statura di Cristo, che sei entrato in un cammino di conversione, non il contrario. Questa è la grande saggezza dei luoghi e dei tempi particolari, chiese, santuari, novene, tempi liturgici forti, come la quaresima, l’avvento, il tempo pasquale, i tridui, ecc.
Al banchetto del Re ci sono, per suo volere, poveri e mendicanti, buoni e cattivi, ma tutti con l’abito di nozze. (Matteo 22,1-14)

Ci sono purtroppo gli “habitué” della chiesa e che ne fanno una routine (la signora che scendeva in pantofole dalla sua casa per venire a Messa, l’ho visto io coi miei occhi, per mesi), tutti: laici e presbiteri, consacrati. Quelli che portano il peso e il calore del giorno non sono esenti da quella tentazione, anzi. Mentre siamo in chiesa, a Messa, in preghiera, stanchi, preoccupati delle difficoltà che sperimentiamo nella vita, sopraffatti dai nostri difetti che resistono anche dopo tanti anni e scontenti di noi stessi, dai problemi di relazione con le persone che fanno parte del gruppo, della comunità ("Padre, non mi aspettavo di trovare gente così in chiesa"), vacillanti nella fiducia verso il Signore, c'è il rischio che i nostri gesti, le nostre preghiere, si svuotino di slancio, di consapevolezza, fino alla disperazione dell’incredulità.
Invece no, è il momento di supplicare il Signore, di fare di quel Padre Nostro un aprirti a Dio presente veramente, di fare di quel segno di pace, una vera apertura di cuore verso quella sorella, quel fratello con i quali non ti parli più e ti hanno ferito, supplicando il Signore di darci il vino buono che deve venire mentre il nostro vino, quello del nostro impegno, dei nostri buoni sentimenti è esaurito o sta per finire, comunque non basta assolutamente a fare festa. Sei a nozze, ma non da solo, il Signore ti ha chiamato, ha allestito la sala e il pranzo, e da la sua grazia a chi si sottomette a Lui, affinché da quel luogo, da quella celebrazione, da quel tempo, Egli cominci a trasformare tutta la tua vita.

La Vergine Maria ci insegni la via della fede e ci sostenga con la sua intercessione


Prima Lettura   1 Cor 11, 17-26
Fratelli, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. 
Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. 
Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri.   

Vangelo   Lc 7, 1-10.

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. 
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». 
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. 

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