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giovedì 16 luglio 2020

SONO MOLTO ADDOLORATO / Il Papa e Aghia Sofia



Cari fratelli e sorelle, … E il mare mi porta un po’ lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia, e sono molto addolorato.
Così il papa all’Angelus di domenica scorsa. Anche noi siamo molto addolorati. Tutti sanno che la magnifica Cattedrale Santa Sofia, “Ayasofia” cuore del Cristianesimo ortodosso per un millennio, fu trasformata in moschea 5 secoli fa dagli ottomani. Nel 1934, era diventata un museo aperto a tutti per decreto del capo dello Stato di allora, Ataturk, che voleva modernizzare e secolarizzare la Turchia, dandole un volto più europeo. Con lo statuto di museo è stata inserita nel Patrimonio mondiale dell’umanità. In questi giorni il Presidente Erdogan ha deciso di riconvertirla in moschea con la prima preghiera venerdì 24 luglio.
I patriarchi ortodossi di tutto il mondo hanno reagito molto duramente alla decisione del presidente turco Erdogan e perfino l’arcivescovo ortodosso di Cipro accusò i turchi di essere un popolo barbaro e senza civiltà, che sa solo distruggere i valori degli altri. Per comprendere, bisogna dire che Cipro e altri luoghi hanno avuto una storia molto difficile lungo i secoli con i turchi e l’isola è ancora divisa dopo l’invasione turca del 1974. 
Molti si interrogavano sul silenzio del papa, criticandolo, mentre tutti i media parlavano di questa decisione. Anche se non tutti hanno capito i tempi e i modi di papa Francesco, la sua frase di domenica ha portato luce e sollievo.
Il Cristianesimo non ha tempio, il suo unico tempio è Gesù Cristo. Questo non impedisce che l’Incarnazione di Cristo e la vita dei suoi discepoli sia Storia e abbia dei luoghi. E, chiaramente il gesto del Presidente Erdogan è politico e divisivo, proprio nel momento in cui anche per l’impulso, forse preponderante, del Papa e della Chiesa Cattolica che applica gli indirizzi del Concilio Vaticano II, da parte musulmana e cristiana si cerca la pace per l’unica umanità, attraverso il rispetto reciproco e il dialogo e l’azione positiva verso le persone, specialmente i più poveri e fragili.  
Infatti importanti comunità musulmane in Italia hanno criticato la decisione turca affermando: “siamo vicini al pensiero di papa Francesco”, considerando che quello del presidente turco è un atto dove la religione non c’entra nulla.
I proclami e le decisioni strettamente identitari (noi-loro; usiamo la forza contro i nemici, gli invasori, ecc.) non sono usati dai politici per il bene delle persone e dei popoli, per il progresso e il futuro dell’umanità e del pianeta, ma per conquistare voti e potere e spesso per mascherare i loro fallimenti in altri campi. La politica della tensione produce spesso la reazione di chi è aggredito e quando questi è in minoranza o più debole, diventa “capro espiatorio”, al quale si possono addossare tutti i propri fallimenti e sul quale scaricare le proprie frustrazioni. Così fanno tutti i regimi fascisti e totalitari lungo la Storia. E la Storia, anche recente dell’Italia e dell’Europa, ha sempre dimostrato con chiarezza che il risultato finale è un impoverimento di tutti, una serie di catastrofi. Quello che si fa oggi in questo senso avrà lo stesso risultato, ovunque si usi questo schema, in qualunque continente e nazione. Un leader compatterà le sue truppe, avrà potere forse per un certo tempo, e tutti avranno da perdere alla fine. 
Per questo era necessario  non rispondere alla polemica turca da parte del Papa, ed esprimere un chiaro dolore per quello che è stato deciso. Il fatto che il Papa non abbia parlato prima, non abbia usato toni forti, non significa che non si sia impegnato intensamente per scongiurare quella decisione tramite interventi della Diplomazia della Santa Sede attraverso incontri privati.

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