Visualizzazioni totali

giovedì 18 aprile 2019

LA TERZA FASE DELLA CHIESA? / Giovedì Santo


Dal bacio della pantofola al Papa al Papa che, pur essendo maestro e signore
in Cristo, si abbassa davanti ai signori della guerra, come Gesù.

Tanti anni fa ho scoperto Mattà el Meskìn abate copto egiziano, grazie alle edizioni della Comunità di Bose. Mi ha colpito in particolare che negli anni ‘70 egli aveva annunciato la venuta di una terza era della Chiesa. Dopo la prima fase, caratterizzata dall’annuncio gioioso della Risurrezione in tutto il mondo, confermato dalla testimonianza dei martiri, era venuta una seconda epoca di costruzione profonda di popoli e culture cristiane, la Cristianità. Stava arrivando una epoca che – diceva – non sarebbe stata meno gioiosa e meno gloriosa delle due prime: l’era in cui la Chiesa avrebbe chiesto perdono delle sue colpe. In questo la Chiesa avrebbe testimoniato la sua fiducia totale nel Dio che annunciava e nel suo Vangelo. Infatti riconoscendo le proprie colpe e i crimini di alcuni suoi membri, avrebbe dimostrato di credere nella verità che rende liberi e nella forza della misericordia donate a noi in Gesù Cristo. Quando leggevo questi testi, Giovanni Paolo II cominciava a chiedere perdono per i peccati della Chiesa!
Forse pensavamo che sarebbe bastato fare un esame di coscienza su un passato già lontano. Vediamo che la realtà è molto più cocente e attuale. Anche se – contrariamente a quello che dice papa Ratzinger (ha scritto lui questo testo?) – è evidente che la pedofilia da parte di membri del clero non ha iniziato con gli anni ’60 e il Concilio Vaticano II, è anche vero che questo male è dei nostri giorni e le sue vittime sono tra noi per raccontarlo.
Questo ragionamento su tre fasi della Chiesa trova una conferma in un testo del 1967, ripreso oggi da un monaco francese, padre Ghislain Lafont e che trovo molto illuminante.

Nel 1967, appena concluso il Concilio Vaticano II, un padre gesuita francese, François Roustang, individuava di fronte al Concilio tre categorie di fedeli: il “primo”, conservatore reticente rispetto all’aggiornamento conciliare, e il “secondo”, conquistato alla riforma e impaziente di vederla messa in atto (con tutti gli abusi ed errori che ne seguirono come sappiamo). Poi c'era il “terzo uomo”, quello che, grazie al Concilio, aveva potuto uscire dai binari di certi schemi teologici ma sopratutto di certe pratiche devozionali: la confidenza quasi magica in certe preghiere indulgenziate, in novene “particolarmente efficaci”, in riti e gesti particolari. Si potrebbe dire: il Concilio gli aveva permesso di essere uomo, semplicemente. Il Concilio gli aveva permesso di aprirsi al mondo e alla vita, alla propria vita, partendo dalla verità del Vangelo dell’Incarnazione.
Il Concilio, come il Vangelo, ha dell’uomo una visione positiva: un uomo maggiorenne, di fronte a se stesso, agli altri, a Cristo, a Dio stesso. Un uomo immagine di Dio “principio dei suoi atti, avendo su di essi il libero arbitrio e il potere” (san Tommaso, Somma teologica, Ia-IIae, prologo) – un uomo dunque che discerne, decide e agisce, ma anche che ascolta e risponde, che chiede perdono e perdona. E dunque un Cristo che, venendo nel mondo, ascolta la Parola di Dio suo Padre e risponde ad essa attraverso le sue scelte, il tempo (della sua vita), la sua morte, indicando così la figura di Dio: Colui che crea con la sua Parola, e che subito si rivolge all’altro, chiede, attende, accompagna, perdona, risuscita.
Anche secondo questa visione la Chiesa entra in una terza fase. Il “periodo I” è stato quello della comunità nascente dei discepoli che, sperimentando la potenza del Signore risorto che li accompagna, ha anche dovuto situarsi rispetto al giudaismo, da cui usciva, e rispetto al mondo culturale greco-latino, indifferente se non ostile, nel quale viveva. Il “periodo II” è cominciato con il Concilio di Nicea e i concili successivi. Si sono poste gradualmente le basi di una dottrina su Dio e il Mistero di Cristo e dello Spirito, della Salvezza; si è sviluppata una cultura cristiana sempre più ricca, e una riflessione sulla società sia civile che religiosa. Questo periodo è durato, tra santità, abusi e riforme, fino al Concilio Vaticano I. Con il Concilio Vaticano II inizia il "periodo III". Il Vaticano II non è un concilio di riforma, come tanti, ma essenzialmente d’instaurazione. Come se tutto quanto precedeva avesse maturato e liberato una visione più profonda, cioè più divina e più umana ad un tempo, che si potrebbe riassumere con questa formula: “Dio è amore ed è permesso essere uomini”.

Di fatto siamo passati dal bacio della pantofola al Papa che porta la tiara, simbolo dei tre Poteri riassunti nella sua persona, al Papa che - come Cristo che pur essendo Maestro e Signore lava i piedi ai suoi discepoli che dopo poco lo tradiranno o lo abbandoneranno - invita come fratello tre Signori della guerra, cristiani battezzati però responsabili di 400 000 morti, a mantenere la pace. E siccome non c'è pace senza umiltà, aggiunge il gesto alla parola, si inchina davanti a loro e bacia loro i piedi. Anche Francesco, fondatore di enorme successo, da l'esempio dimissionando da ogni ruolo di autorità e scrive ai suoi fratelli e figli, "baciando loro i piedi", invitandoli a mantenere la fedeltà al Vangelo e all'altissima povertà. 

Quale modello di Chiesa rispecchia meglio il messaggio di Gesù? E' certo che il gesto di papa Francesco con i leader del Sud Sudan non sarebbe stato possibile senza il Concilio Vaticano II.

Nessun commento:

Posta un commento