Dopo aver ricordato che la fede vera spinge ad operare, e aver denunciato un difetto comune nelle comunità: le preferenze di persone, san Giacomo ne ricorda un altro, forse ancora più comune: erigersi in maestri degli altri, in dottori e censori di costumi o di teologia. Ci sono nella comunità cristiana veri dottori e maestri (1Cor 12:28-29; Ef 4:11) e san Giacomo sa di farne parte, usando il “noi” parlando del giudizio più severo loro riservato. Egli sa che questa responsabilità è l'opera primaria che deve esercitare seguendo l’insegnamento e il modello dell’unico vero Maestro: Gesù. Purtroppo molti vogliono fare da maestri agli altri, perfino al Papa, senza averne né titolo né capacità, oppure essendo maestri nella comunità, siamo però senza discrezione. Il vero maestro sa che quello che insegna giudica innanzitutto la sua vita e trema. Dovremmo tacere ogni volta che non siamo obbligati a parlare, cercando innanzitutto di conoscere Dio e di lasciarci abitare da lui, poi, di indicare agli altri la via attraverso l’esempio della nostra vita. Essa non è e non sarà mai perfetta, ma possono essere sinceri il nostro impegno nella conversione e nell’umiltà. Con vari esempi san Giacomo ci esorta ad essere attenti alla lingua, timone utile e potente, ma anche male ribelle, fuoco indomabile, pieno di veleno. Quanto danno fanno il “chiacchiericcio” e i maestri autoproclamati, e difficilmente ce ne accorgiamo se siamo noi stessi a parlare.
Prima
Lettura Gc 3, 1-10
La lingua nessun uomo la può domare.
Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti infatti pecchiamo in molte cose.
Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota.
Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna.
Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei!
Salmo Responsoriale Dal Salmo 11
Tu, o Signore, ci proteggerai per sempre.
Salvami,
Signore! Non c’è più un uomo giusto;
sono scomparsi i fedeli tra i figli dell’uomo.
Si dicono menzogne l’uno all’altro,
labbra adulatrici parlano con cuore doppio.
Recida
il Signore le labbra adulatrici,
la lingua che vanta imprese grandiose,
quanti dicono: «Con la nostra lingua siamo forti,
le nostre labbra sono con noi:
chi sarà il nostro padrone?».
Le
parole del Signore sono parole pure,
argento separato dalle scorie nel crogiuolo,
raffinato sette volte.
Tu, o Signore, le manterrai,
ci proteggerai da questa gente, per sempre.
Canto al Vangelo Mc 9,7
Alleluia, alleluia.
Si aprirono i cieli e si udì la voce del Padre:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
Alleluia.
Vangelo Mc 9, 1-12
Fu trasfigurato davanti a loro.
Dal
vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un
alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue
vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe
renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui;
facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva
infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:
«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù
solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che
avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed
essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai
morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta
scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io
però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto,
come sta scritto di lui».
E' potente questa vs.riflessione.Ci invita ad usare la ns. lingua con umilta'. Caro Fra Sereno posso chiedervi perche' nella trasfigurazione di Gesu' c'e' un motivo particolare per cui sono citati Mose' ed Elia e non altri Profeti? Grazie se mi darete una spiegazione.
RispondiEliminaMi cibo quotidianamenet della vs.parola. Grazie.
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