Visualizzazioni totali

sabato 1 maggio 2021

FRATELLI TUTTI / 82. Le lotte legittime e il perdono.

 


Le lotte legittime e il perdono

241. Non si tratta di proporre un perdono rinunciando ai propri diritti davanti a un potente corrotto, a un criminale o a qualcuno che degrada la nostra dignità. Siamo chiamati ad amare tutti, senza eccezioni, però amare un oppressore non significa consentire che continui ad essere tale; e neppure fargli pensare che ciò che fa è accettabile. Al contrario, il modo buono di amarlo è cercare in vari modi di farlo smettere di opprimere, è togliergli quel potere che non sa usare e che lo deforma come essere umano. Perdonare non vuol dire permettere che continuino a calpestare la dignità propria e altrui, o lasciare che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere con forza i diritti suoi e della sua famiglia, proprio perché deve custodire la dignità che gli è stata data, una dignità che Dio ama. Se un delinquente ha fatto del male a me o a uno dei miei cari, nulla mi vieta di esigere giustizia e di adoperarmi affinché quella persona – o qualunque altra – non mi danneggi di nuovo né faccia lo stesso contro altri. Mi spetta farlo, e il perdono non solo non annulla questa necessità bensì la richiede.

242. Ciò che conta è non farlo per alimentare un’ira che fa male all’anima della persona e all’anima del nostro popolo, o per un bisogno malsano di distruggere l’altro scatenando una trafila di vendette. Nessuno raggiunge la pace interiore né si riconcilia con la vita in questa maniera. La verità è che «nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio. Non possiamo metterci d’accordo e unirci per vendicarci, per fare a chi è stato violento la stessa cosa che lui ha fatto a noi, per pianificare occasioni di ritorsione sotto forme apparentemente legali».[224] Così non si guadagna nulla e alla lunga si perde tutto.

243. Certo, «non è un compito facile quello di superare l’amara eredità di ingiustizie, ostilità e diffidenze lasciata dal conflitto. Si può realizzare soltanto superando il male con il bene (cfr Rm 12,21) e coltivando quelle virtù che promuovono la riconciliazione, la solidarietà e la pace».[225] In tal modo, «a chi la fa crescere dentro di sé, la bontà dona una coscienza tranquilla, una gioia profonda anche in mezzo a difficoltà e incomprensioni. Persino di fronte alle offese subite, la bontà non è debolezza, ma vera forza, capace di rinunciare alla vendetta».[226] Occorre riconoscere nella propria vita che «quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male, è un pezzetto di guerra che porto dentro, è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio».[227]

[224] Omelia nella S. Messa per lo sviluppo dei popoli, Maputo – Mozambico (6 settembre 2019): L’Osservatore Romano, 7 settembre 2019, p. 8.

[225] Discorso nella cerimonia di benvenuto, Colombo – Sri Lanka (13 gennaio 2015): L’Osservatore Romano, 14 gennaio 2015, p. 7.

[226] Discorso ai bambini del Centro Betania e a una rappresentanza di assistiti di altri centri caritativi dell’Albania, Tirana – Albania (21 settembre 2014): Insegnamenti, II, 2 (2014), 288.

[227] Videomessaggio al TED2017 di Vancouver (26 aprile 2017): L’Osservatore Romano (27 aprile 2017), p. 7.

Nessun commento:

Posta un commento