La brezza e le ali
La prima di tali scelte è stata quella di rileggere e riproporre a ciascuno, nella sua specifica condizione, la felice relazione tra Dio e l’essere umano. In fondo, la ragione ultima e lo scopo concreto del Trattato è proprio quello di illustrare ai contemporanei il fascino dell’amore di Dio. «Quali sono – egli si chiede – le corde abituali per mezzo delle quali la divina Provvidenza è solita attirare i nostri cuori al suo amore?». [28] Prendendo suggestivamente avvio dal testo di Osea 11,4, [29] definisce tali mezzi ordinari come «legami di umanità o di carità e amicizia». «È fuor di dubbio – scrive –, che non siamo attirati verso Dio con catene di ferro, come tori e bufali, ma mediante inviti, attrattive deliziose, e sante ispirazioni, che poi sono i legami di Adamo e dell’umanità; ossia adatti e convenienti al cuore umano, per il quale la libertà è naturale». [30] È tramite questi legami che Dio ha tratto il suo popolo dalla schiavitù, insegnandogli a camminare, tenendolo per mano, come fa un papà o una mamma col proprio bimbo. Nessuna imposizione esterna, dunque, nessuna forza dispotica e arbitraria, nessuna violenza. Piuttosto, la forma persuasiva di un invito che lascia intatta la libertà dell’uomo. «La grazia – prosegue pensando certamente a tante storie di vita incontrate – ha forza, non per costringere, ma per attirare il cuore; possiede una santa violenza, non per violare, ma per rendere amorosa la nostra libertà; agisce con forza, ma tanto soavemente che la nostra volontà non rimane schiacciata sotto un’azione così potente; ci spinge, ma non soffoca la nostra libertà: per cui ci è possibile, di fronte a tutta la sua potenza, consentire o resistere ai suoi movimenti, a nostro piacimento». [31]
Poco prima aveva abbozzato tale rapporto nel curioso esempio dell’“apodo”: «Ci sono certi uccelli, Teotimo, che Aristotele chiama “apodi”, perché hanno gambe talmente corte e piedi così deboli, che non se ne possono servire, proprio come se non li avessero; e se, per caso, si appoggiano a terra, ci rimangono, senza poter riprendere il volo da soli, perché, non avendo l’uso delle gambe, né quello dei piedi, non hanno modo di spingersi e lanciarsi in aria; per cui rimangono accovacciati per terra e vi muoiono, a meno che il vento, sostituendosi alla loro incapacità, con folate sul terreno li prenda e li sollevi, come fa con molte altre cose. In tal caso se, servendosi delle ali, assecondano lo slancio e la prima spinta che dà loro il vento, lo stesso vento continua a venire in loro aiuto spingendoli sempre più in alto per aiutarli e riprendere il volo». [32] Così è l’uomo: fatto da Dio per volare e dispiegare tutte le sue potenzialità nella chiamata all’amore, rischia di diventare incapace di spiccare il volo quando cade a terra e non acconsente a riaprire le ali alla brezza dello Spirito.
Ecco, dunque, la “forma” attraverso la quale la grazia di Dio si destina agli uomini: quella dei preziosi e umanissimi legami di Adamo. La forza di Dio non smette di essere assolutamente capace di restituire il volo e, tuttavia, la sua dolcezza fa in modo che la libertà del consenso ad esso non sia violata o inutile. Spetta all’uomo alzarsi o non alzarsi. Benché la grazia lo abbia toccato al risveglio, senza di lui, essa non vuole che l’uomo si alzi senza il suo consenso. Così egli trae la sua riflessione conclusiva: «Teotimo, le ispirazioni ci prevengono e si fanno sentire prima che ce ne rendiamo conto, ma dopo che le abbiamo avvertite, spetta a noi acconsentirvi assecondando e seguendo i loro impulsi, o dissentire e respingerle: si fanno sentire in noi senza di noi, ma non si fanno acconsentire senza di noi». [33] Pertanto, nella relazione con Dio, si tratta sempre di un’esperienza di gratuità, che attesta la profondità dell’amore del Padre.
Tuttavia, questa grazia non rende mai l’uomo passivo. Essa porta a comprendere che si è radicalmente preceduti dall’amore di Dio, e che il suo primo dono consiste proprio nel riceversi dal suo stesso amore. Ciascuno, però, ha il dovere di cooperare al proprio compimento, dispiegando con fiducia le proprie ali alla brezza di Dio. Qui vediamo un aspetto importante della nostra vocazione umana: «Il compito che Dio affida ad Adamo e a Eva nel racconto della Genesi è di essere fecondi. All’umanità è stato dato l’incarico di cambiare, costruire e dominare la creazione, un compito positivo che significa creare da essa e con essa. Quindi il futuro non dipende da un meccanismo invisibile di cui gli esseri umani sono spettatori passivi. No, siamo protagonisti, siamo – forzando la parola – cocreatori». [34] È quanto Francesco di Sales ha ben compreso e ha cercato di trasmettere nel suo ministero di guida spirituale.
[28] S. Francesco di Sales, Traité de l’amour de Dieu, II, 12: ed. Ravier – Devos, Paris 1969, 444.
[29] «Io li traevo con legami di bontà [Vulg: in funiculis Adam], con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare».
[30] S. Francesco di Sales, Traité de l’amour de Dieu, II, 12: ed. Ravier – Devos, Paris 1969, 444.
[31] Ibid., II, 12: 444-445.
[32] Ibid., II, 9: 434.
[33] Ibid., II, 12: 446.
[34] Ritorniamo a sognare. La strada per un futuro migliore, Conversazione con Austen Ivereigh, Piemme, Milano 2020, 8.
Nessun commento:
Posta un commento