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giovedì 16 febbraio 2023

PREGARE PUÒ FAR MALE? CI SONO PREGHIERE TOSSICHE? 1/ 3



Dopo aver celebrato le Lodi e ricevuto questa Parola nella Lettura Breve : “Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”. (Rm 8, 35.37), una persona prega in questo modo: Signore fa che io non abbia più questi pensieri bui che mi allontanano da te e mi fanno tanto soffrire. Spero che mi manderai una buona giornata….

Le ho risposto che questa preghiera, malgrado la sua “umiltà” e consapevolezza di dipendere da Dio, non è una preghiera veramente cristiana, e, se lei si limita ad essa, è una preghiera tossica che non le permette di camminare, e aumenterà sempre di più la sua sofferenza, è una preghiera che manifesta l’immaturità della sua fede. 

Dai giudizi molto forti! Com'è possibile parlare in questo modo? Cosa significa? 

È una preghiera tossica, perché temendo questi pensieri bui non volontari, desiderando di non averli, pregando per non averli, focalizza la sua attenzione su di essi, e quindi ha sempre il pensiero di questi pensieri, che, inevitabilmente si moltiplicheranno fino a diventare ossessivi. Non è una preghiera cristiana, non è una preghiera di fede. 

È vero, un cristiano può essere preso dallo sconforto e chiedere al Signore di essere liberato da pensieri e tentazioni. San Paolo ne è un esempio eccellente. Egli scrive ai Corinti :  “Mi è stata messa una spina nella carne … per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me” (2 Cor 12,7-8) ma Paolo non rimane bloccato nella sua supplica, non rimane passivo e rassegnato (o ribellato), ma dialoga con Dio. Sa che ogni avvenimento è una Parola di Dio per lui, che ha un senso. Ha già capito che questa “spina nella sua carne” serve a renderlo umile. E quando gli sembra di non farcela e chiede al Signore di esserne liberato, ascolta la risposta del Signore : “Ed egli mi ha detto: “ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (v. 9). Gesù ripete a Paolo il messaggio che egli stesso annuncia a tutti: si è salvati per grazia, si è giustificati gratuitamente per fede. Gesù ha attraversato la morte affinché possiamo affrontare in lui ogni evento senza perdere la fiducia e sapere che tutto ha un senso. Il senso è liberarci dalla paura della morte che ci tiene schiavi costantemente e portarci alla pienezza della Vita, alla Risurrezione. Solo che un conto è predicare, un conto è vivere sulla propria pelle: “poveretto a chi tocca!” e Paolo non fa eccezione. Altrimenti non avrebbe chiesto al Signore di allontanare da lui questa spina. Ma nella risposta del Signore scopre anche qualcosa di più. Quello che ha costatato, meravigliato, in Gesù  - la potenza del Signore risorto dopo che sia stato stato crocifisso per la sua debolezza - si applica anche a  lui, ai cristiani, vive in loro: “la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". E quindi Paolo arriva a una conclusione che cambia tutto nella sua vita!: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (v. 9-10). Noi non siamo a questo livello ma questa è la strada che percorreremo anche noi se viviamo ogni giorno uniti al Signore.

Ma intanto facciamo un primo passo di buon senso: ciò che in noi non viene dalla nostra volontà non può essere peccato! E neppure è virtù quando proviamo spontaneamente pensieri, sentimenti, emozioni positive. Cresciamo o ci distruggiamo solo con le nostre scelte libere. Anzi, la prova o la tentazione vissute nella fede ci ottengono meriti, ci purificano e ci rafforzano. Per cui posso sdrammatizzare tutti i pensieri bui che mi assalgono perché non hanno nessun valore in sé anche se fanno soffrire. Non hanno nessun valore concreto perché l’origine dei pensieri di questo tipo, o delle sensazioni corporali (le famose somatizzazioni così comuni) non viene dalla realtà esterna ma dalle nostre costruzioni mentali. Tutti percepiamo la realtà, il mondo secondo il nostro carattere, le nostre esperienze precedenti. C'è chi vede tutto nero e chi vede tutto rosa! Nessuno dei due vede la realtà oggettivamente. Tutti siamo precondizionati.

Tanto meno questi pensieri bui o queste somatizzazioni, hanno valore morale. Sentirsi male, non sentire l’amore di Dio, provare paura per il futuro, di per sé non indica nulla del mio rapporto vero con Dio e con la mia salvezza. Per cui se mi sforzo di camminare nella luce e nell'obbedienza a Dio posso trascurare queste sensazioni. Così che perdono pian piano di intensità perché non sono più alimentate. 

Il cristiano, da risorto, può affrontare in piedi tutto (Luca 21, 28), raggiungere il vantarsi di Paolo nelle tribolazioni: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina". Se non siamo ancora capaci di farlo, almeno ci viene richiesto di metterci in cammino senza lasciarci paralizzare da ciò che sentiamo, proviamo, temiamo. 

Si possono dare consigli utili per il nostro cammino quotidiano? Cercheremo di farlo nel prossimo post. Ma innanzitutto, come base, crediamo alla Vittoria di Cristo sul male e sulla morte e nel suo amore incondizionato per noi. Egli sta al nostro fianco, come Prode valoroso e Paraclito difensore e consolatore: Egli rimane fedele, e ha per noi solo progetti di pace e di felicità e non di sventura. Se penso a questo, la giornata andrà senz’altro meglio. 

(CONTINUA: La Gioia del Vangelo: PREGHIERE TOSSICHE 2/3



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