La carità fa tutto per i suoi figli
Tra il 1620 e il ‘21, dunque ormai sul limitare della sua vita, Francesco indirizzava a un sacerdote della sua Diocesi parole capaci di illuminare la sua visione dell’epoca. Lo incoraggiava ad assecondare il suo desiderio di dedicarsi alla scrittura di testi originali, capaci di intercettare i nuovi interrogativi, intuendone la necessità. «Vi devo dire che la conoscenza che vado acquisendo ogni giorno degli umori del mondo mi porta ad augurarmi appassionatamente che la divina Bontà ispiri qualcuno dei suoi servi a scrivere secondo il gusto di questo povero mondo». [21] La ragione di questo incoraggiamento la trovava nella propria visione del tempo: «Il mondo sta divenendo così delicato, che fra poco non si oserà più toccarlo, se non con guanti di velluto, né medicare le sue piaghe, se non con impiastri di cipolla; ma che importa, se gli uomini vengono guariti e, in definitiva, vengono salvati? La nostra regina, la carità, fa tutto per i suoi figli». [22] Non è un tratto scontato, tanto meno una resa finale di fronte a una sconfitta. Era, piuttosto, l’intuizione di un cambiamento in atto e dell’esigenza, tutta evangelica, di capire come poterlo abitare.
La medesima consapevolezza, del resto, l’aveva maturata ed espressa introducendo il Trattato dell’amore di Dio, nella Prefazione: «Ho tenuto presente la mentalità delle persone di questo secolo e non potevo fare diversamente; è molto importante tener conto del tempo in cui si scrive». [23] Chiedendo, poi, la benevolenza del lettore affermava: «Se trovi che lo stile è un po’ diverso da quello usato nella Filotea, ed entrambi molto distanti da quello della Difesa della croce, tieni presente che in diciannove anni si imparano e si dimenticano molte cose; che il linguaggio della guerra è diverso da quello della pace e che ai giovani principianti si parla in un modo, ai vecchi compagni in un altro». [24] Ma, di fronte a questo cambiamento, da dove iniziare? Non lontano dalla stessa storia di Dio con l’uomo. Di qui l’intento ultimo del suo Trattato: «In realtà mi sono proposto soltanto di rappresentare con semplicità e genuinità, senza artifici e, a maggior ragione, senza fronzoli, la storia della nascita, della crescita, della decadenza, delle operazioni, delle proprietà, dei vantaggi e delle eccelse qualità dell’amore divino». [25]
[21] S. Francesco di Sales, Lett. 1869: À M. Pierre Jay (1620 o 1621), in Œuvres de Saint François de Sales, XX ( Lettres, X: 1621-1622), Annecy 1918, 219.
[22] Ibid.
[23] Id., Traité de l’amour de Dieu, Préface: ed. Ravier – Devos, Paris 1969, 339.
[24] Ibid., 347.
[25] Ibid., 338-339.
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