Nel 1978 sorse Giovanni Paolo II che “veniva da un paese lontano”. La sua nazione era sotto il dominio sovietico. L’insegnamento del russo era obbligatorio nelle scuole in nome della “fratellanza dei popoli” "uniti dalla lotta di classe contro gli sfruttatori capitalisti". Ma tutti rifiutavano di parlare russo dicendo: “non conosco il russo”. Ne ho fatto esperienza con degli amici nel 1979 durante il primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia. Il regime stava costruendo Nova Huta, “una città moderna, socialista, felice, finalmente liberata dalla superstizione, cioè senza Dio”. Il vescovo di Cracovia appoggiò il desiderio della gente di avere una chiesa e la Messa. Vinsero. Proprio da Nova Huta, nel ‘79, diventato Giovanni Paolo II, Wojtyla lanciò la Nuova Evangelizzazione. Da vescovo non faceva politica e per questo motivo era tollerato, anzi, preferito dal potere tra i vari vescovi polacchi. Eppure fu lui a dare il massimo contributo per il crollo del sistema sovietico. Da giovane prete si rese conto che i giovani che curava volevano sapere se la Chiesa poteva aiutarli ad avere una vita felice. E quindi da forse ideologo anche lui all’inizio (!? Semplifico evidentemente molto), spostò il suo insegnamento e la sua riflessione su questo. Per dei giovani universitari cristiani sotto un regime ateo, il punto che li interessava veramente riguardo alla Chiesa era sapere come vivere l’innamoramento e l’amore, discernere se quella ragazza, quel ragazzo, era la persona giusta e come costruire un amore duraturo e una famiglia felice. Karol Wojtyla li formava a vivere la loro dignità di esseri umani, ad essere persone a 360 gradi davanti a Dio e agli altri, anche davanti alle autorità. Sostenne il movimento Solidarnosc, invitando però tutti non solo alla lotta ma anche alla conversione personale, affinché, buttato giù “Cesare”, non prendessero semplicemente il suo posto diventando a loro volta “Cesare”. È la fede in Dio e la formazione cristiana, la preghiera e l’intima convinzione di avere la dignità di figli di Dio e di persone umane, che sono diventate forza di resistenza contro il regime ateo e oppressore guidato da Mosca. Tutto il resto è storia.
Giovanni Paolo II non era pacifista, era un uomo di pace. Il suo legato vive oggi a Kiev dove un popolo e i suoi dirigenti lottano per la loro dignità di persone umane, la loro identità di popolo, la loro cultura, la loro libertà, la loro vita. Il loro successo crescente fuori dalla mentalità russo-sovietica e indipendente dalla Federazione Russa, è diventato insopportabile per il “popolo fratello” e il suo regime che, per liberarli dall'oppressione "nazista", dice che sono un errore della Storia, che non devono parlare la loro lingua, che tortura e deporta, uccide, distrugge presidi sanitari, case civili, strutture vitali come la rete energetica ma anche luoghi culto, di cultura, organizza falò di libri in lingua ucraina. Il vescovo Shevchuk ha detto un anno fa: “la prigione dei popoli è tornata per renderci di nuovo schiavi!” Ho visto ieri un servizio su tre stranieri che hanno scelto di rimanere in Ucraina dopo il 24 febbraio. Mi è stato segnalato perché tra loro c'è il mio nipote. Mio nipote e un altro, della Guinea, avevano imparato il russo e sono vissuti, hanno lavorato, fatto affari, tranquillamente per decenni in Ucraina parlando russo, senza discriminazioni. Hanno deciso quest’anno di imparare bene l’ucraino. In un libro intervista (Il Sismografo: Polonia "Dio non ha lasciato l'Ucraina": presentato a Varsavia un libro-conversazione con il beato Sviatoslav, scritto durante la guerra) partito da Kiev e realizzato su un percorso di 1500 km, da Odessa, risalendo poi su tutta la linea del fronte, Mons. Shevchuk afferma che Dio non ha abbandonato l’Ucraina, e come ripete nei suoi messaggi quotidiani, “l’Ucraina vive! L'Ucraina resiste! L'Ucraina combatte! L'Ucraina prega!
L'ONU ieri ha condannato di nuovo la guerra russa contro l'Ucraina, con 141 voti a favore, 7 contrari e 32 astenuti, chiedendo alla Russia "il ritiro immediato, completo e incondizionato di tutte le forze sul campo" (Ucraina, ok Assemblea generale Onu a risoluzione per la pace - Adnkronos.com). Ma come fu in Polonia, "Il potere della preghiera e della solidarietà è più forte dell'equipaggiamento militare russo”, anche se adesso si tratta di un'aggressione armata e che l’uso delle armi e il coraggio dei combattenti è necessario per difendersi. Ma il potere della preghiera è indispensabile e governa il cammino profondo dell’Umanità. Infatti la vita dell’uomo ha senso e viene protetta dai valori che animano i singoli e i popoli e “la pace a lungo termine tra Ucraina e Russia è possibile solo quando in Russia si verificheranno cambiamenti fondamentali" non solo nel regime ma profondamente nel popolo.
Siamo quindi invitati alla preghiera, a una grande preghiera, e alla solidarietà con chi soffre, con il popolo ucraino in particolare, ma non solo.
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