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mercoledì 3 marzo 2021

FRATELLI TUTTI 66 / L'attività dell'amore politico



Colpisce il contrasto tra l'umile dipinto, che dimostra
 l'attesa popolare del Papa e il manifesto, più ufficiale, 
con i soldati  irakeni a fianco. I due supporti sono
ambedue testimoni delle conseguenze della guerra.

 

Leggendo questi paragrafi di Fratelli tutti, possiamo pensare a un'anticipazione di quello che dirà Papa Francesco in Iraq.  Quanto bisogno abbiamo che la politica sia Carità e la nostra carità diventi il substrato di una buona politica. Quanto ne siamo lontani, anche per la passività di ciascuno di noi... Preghiamo per questo viaggio in Iraq voluto con fermezza da Papa Francesco ma sempre in bilico. 


L’attività dell’amore politico

186. C’è un cosiddetto amore “elicito”, vale a dire gli atti che procedono direttamente dalla virtù della carità, diretti a persone e a popoli. C’è poi un amore “imperato”: quegli atti della carità che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali.[181] Ne consegue che è «un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria».[182] È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica.

I sacrifici dell’amore

187. Questa carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore.[183] Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società. Tale sguardo è il nucleo dell’autentico spirito della politica. A partire da lì, le vie che si aprono sono diverse da quelle di un pragmatismo senz’anima. Per esempio, «non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività».[184] Quello che occorre è che ci siano diversi canali di espressione e di partecipazione sociale. L’educazione è al servizio di questo cammino, affinché ogni essere umano possa diventare artefice del proprio destino. Qui mostra il suo valore il principio di sussidiarietà, inseparabile dal principio di solidarietà.

188. Da ciò risulta l’urgenza di trovare una soluzione per tutto quello che attenta contro i diritti umani fondamentali. I politici sono chiamati a prendersi «cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”. […] Significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità».[185] Così certamente si dà vita a un’attività intensa, perché «tutto dev’essere fatto per tutelare la condizione e la dignità della persona umana».[186] Il politico è un realizzatore, è un costruttore con grandi obiettivi, con sguardo ampio, realistico e pragmatico, anche al di là del proprio Paese. Le maggiori preoccupazioni di un politico non dovrebbero essere quelle causate da una caduta nelle inchieste, bensì dal non trovare un’effettiva soluzione al «fenomeno dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».[187] Questo si fa sfruttando con intelligenza le grandi risorse dello sviluppo tecnologico.

189. Siamo ancora lontani da una globalizzazione dei diritti umani più essenziali. Perciò la politica mondiale non può tralasciare di porre tra i suoi obiettivi principali e irrinunciabili quello di eliminare effettivamente la fame. Infatti, «quando la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti trattandoli come una merce qualsiasi, milioni di persone soffrono e muoiono di fame. Dall’altra parte si scartano tonnellate di alimenti. Ciò costituisce un vero scandalo. La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile».[188] Tante volte, mentre ci immergiamo in discussioni semantiche o ideologiche, lasciamo che ancora oggi ci siano fratelli e sorelle che muoiono di fame e di sete, senza un tetto o senza accesso alle cure per la loro salute. Insieme a questi bisogni elementari non soddisfatti, la tratta di persone è un’altra vergogna per l’umanità che la politica internazionale non dovrebbe continuare a tollerare, al di là dei discorsi e delle buone intenzioni. È il minimo indispensabile.

[181] La dottrina morale cattolica, seguendo l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, distingue tra l’atto “elicito” e l’atto “imperato” (cfr Summa Theologiae, I-II, q. 8-17; Marcellino Zalba, S.J., Theologiae moralis summa. Theologia moralis fundamentalis. Tractatus de virtutibus theologicis, ed. BAC, Madrid 1952, vol. 1, 69; Antonio Royo Marín, Teología de la Perfección cristiana, ed. BAC, Madrid 1962, 192-196).

[182] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 208.

[183] Cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 42: AAS 80 (1988), 572-574; Id. Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 11: AAS 83 (1991), 806-807.

[184] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 852.

[185] Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo (25 novembre 2014): AAS 106 (2014), 999.

[186] Discorso alla classe dirigente e al Corpo diplomatico, Bangui – Repubblica Centrafricana (29 novembre 2015): AAS 107 (2015), 1320.

[187] Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York (25 settembre 2015): AAS 107 (2015), 1039.

[188] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 853.

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