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martedì 27 febbraio 2018

UN SERVIZIO CHE HA I CONFINI DEL MONDO / 27 febbraio

Jorge Mario Bergoglio divenne Cardinale nel febbraio 2001.


Domani sarà presentato un libro che potrà interessare molto: “Tutti gli uomini di Francesco. I nuovi cardinali si raccontano” (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2018, pagine 384, euro 18) scritto dal vaticanista Fabio Marchese Ragona. In ogni caso credo che valga la pena di leggere una parte della prefazione del Cardinale Madariaga, riportata dall’Osservatore Romano .



Un episodio su Piazza san Pietro, il Cardinale
Ouellet perde la papalina e il Cardinale Bergoglio
si abbassa per ridargliela.
(Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga) Quando nel febbraio del 2001 san Giovanni Paolo II impose la berretta cardinalizia a quarantaquattro nuovi cardinali, non sapevamo ancora che tra di noi (io ero uno di quei quarantaquattro, ed ero il primo cardinale creato nel mio paese, l’Honduras) fosse presente anche il futuro Papa, l’arcivescovo di Buenos Aires, il gesuita monsignor Jorge Mario Bergoglio. Arrivava dall’Argentina, sorridente e all’apparenza anche un po’ timido, e stava lì, in piazza San Pietro insieme a noi, emozionato, in attesa di esser chiamato dal Santo Padre per ricevere la berretta e il titolo cardinalizio.






In quell’occasione Papa Wojtyła tenne un’omelia memorabile, nella quale ci spiegava quale sarebbe stata la nostra missione, appena rientrati nei nostri paesi d’origine. «Il vostro servizio alla Chiesa — disse il Papa polacco — si esprime poi nel prestare al successore di Pietro la vostra assistenza e collaborazione per alleviarne la fatica di un ministero che si estende fino ai confini della terra. Insieme con lui dovete essere difensori strenui della verità e custodi del patrimonio di fede e di costumi che ha la sua origine nel Vangelo. Il Papa conta sul vostro aiuto a servizio della comunità cristiana, che si introduce con fiducia nel terzo millennio». Ecco, quelle parole di san Giovanni Paolo II sono rimaste impresse nei nostri cuori e anche in quello del nostro Papa Francesco, che nei suoi anni da arcivescovo di Buenos Aires ieri e da Papa oggi sta mettendo in pratica quanto gli era stato chiesto nel momento in cui diventava prima sacerdote, poi arcivescovo e cardinale.

il Cardinale  Bergoglio nella metrò di Buenos Aires.
A distanza di tanti anni, le congregazioni generali che hanno preceduto il conclave del 2013 sono state vissute da noi cardinali, chiamati a eleggere il nuovo Papa, con quello spirito, uno spirito di servizio alla Chiesa universale per trovare un degno successore di Benedetto XVI che potesse curare le ferite della Chiesa colpita da vari scandali. Il discorso dell’arcivescovo di Buenos Aires ci stupì: il cardinale Bergoglio si presentava umilmente, quasi chiedendo scusa per aver preso la parola, ponendo però interrogativi che stavano a cuore a tanti altri porporati e che fino ad allora non erano stati ancora affrontati. Ci parlò della gioia di evangelizzare, della necessità di uscire e andare nelle periferie «non solo geografiche ma anche esistenziali», ammonendo che «quando la Chiesa non esce per evangelizzare, diventa autoreferenziale e si ammala» di narcisismo teologico, credendo involontariamente di avere una luce propria. Bergoglio parlò della Chiesa mondana, che vive in sé e per se stessa, chiarendo che «questa analisi dovrebbe far luce sui possibili cambiamenti e sulle riforme che devono essere fatte per la salvezza delle anime». Ricordo che prima di concludere il suo breve intervento, l’arcivescovo di Buenos Aires definì l’identikit del futuro Papa dicendo: «Pensando al prossimo Papa, c’è bisogno di un uomo che, dalla contemplazione e dall’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso la periferia esistenziale dell’umanità, in modo da essere madre feconda della “dolce e confortante gioia di evangelizzare”».POSTED BY IL SISMOGRAFO ORE 16:03


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