Visualizzazioni totali

domenica 2 ottobre 2016

Sabato 1 ottobre GIOBBE E SANTA TERESINA: DIO RIVELA IL MISTERO DEL REGNO AI PICCOLI

Questa mattina abbiamo ascoltato la conclusione del libro di Giobbe (cap. 42). Avevamo anticipato che Giobbe con la sua ragione poteva considerare la sua piccolezza di fronte a Dio e la sua incapacità a comprendere troppe cose della vita e dell’Universo. Non capiva soprattutto Dio stesso che scopriva lontano e indifferente verso la sua creatura (cap. 9).

Quando Dio parla a Giobbe (cap. 38 e seguenti), in fondo dice le stesse cose (lettura del venerdì della XXVI settimana) ma con una differenza: parlando si rivela il Dio vicino pur rimanendo misterioso, al di là dell’intendimento dell’uomo. In questa vicinanza si rompe la solitudine di Giobbe. Il testo non dice che si sente amato né che gli viene rivelato una sua missione. Questo si realizzerà nel cristianesimo come compimento dell’Alleanza tra Dio e l’uomo. Anche se già nell’Antico Testamento questo è una caratteristica della vocazione dei profeti. Ma ogni cristiano non è forse un profeta?

Quello che conta per Giobbe è che nella sua piccolezza egli si sente qualcuno per Dio. Non può pretendere di essere l’uguale di Dio, né di essere artefice della propria vita, ma è una persona per Dio stesso. Dio gli dà ragione di fronte ai suoi amici, riconosce che non ha colpe particolari per subire queste prove, ma che egli fa parte di un disegno misterioso. Senza conoscerne il nome, Giobbe entra nella croce benché non gliene venga rivelata la pienezza,.


Entrare nel mistero della croce, entrare in un cuore a cuore con Dio, è questo che dà pace a Giobbe. Egli dirà: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Gb 42, 5).

Il Vangelo completa il nostro discorso: Dio rivela i misteri del Regno dei cieli ai piccoli. Giobbe “vede” Dio dopo la sua sofferenza, non per la sofferenza in sé ma perché, per la sofferenza, egli è diventato piccolo, umile. Non lo era già fin dall’inizio? Certamente fin dall’inizio, Giobbe era un uomo molto pio, di “coscienza delicata” (non scrupolosa ma delicata). Ma la prova lo annulla quasi, riduce a zero “il suo vanto” cioè il sentirsi meritevole di qualcosa (lo ha capito bene la sua moglie che glielo rinfaccia e lo deride: ti credevi buono, apposto, dove stanno adesso le tue buone opere, guarda quello che contano per questo tuo Dio! Vedi Giobbe 2,9-10: “Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?». In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra”.). Questo sentirsi zero rende Giobbe capace dell’umiltà necessaria.

Santa Teresa del Bambino Gesù è dottore della Chiesa dopo aver vissuto appena 9 anni di vita monastica. È la “piccola Teresa”. Piccola di età. Entra nel Carmelo a soli 15 anni e muore a 24. Piccola di opere: non ha avuto il tempo di compiere cose eclatanti agli occhi del mondo. Al punto che al momento della sua morte, qualche consorella compiange la Badessa che avrà tante difficoltà per scrivere cose rivelanti sulla vita di questa consorella nel necrologio! Secondo le altre monache della comunità Teresina non ha fatto niente. Eppure dopo la sua morte, si scopre non solo una santa ma una pioniera e una maestra nelle vie dello Spirito.

Come mai?
Non si diventa santi senza volerlo molto seriamente, senza combattimenti.

Teresina entra in monastero perché vi si sente chiamata da Gesù, chiamata dall’amore che parla al suo cuore e al quale vuole corrispondere. Teresina è una novizia. Come ogni novizia vuole diventare santa ed è pronta a ricevere la formazione necessaria per questo, ad imparare ad obbedire alle sue superiori come Gesù che fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce. La vita del monastero in quei tempi è tutta improntata sulla rinuncia a sé stessi attraverso molte penitenze fisiche. Ma Teresina, entrata così giovane in monastero e per la sua costituzione fisica non è capace di fare tanti digiuni, tante veglie, tante altre mortificazioni fisiche come il cilicio. Il cilicio è per esempio una camicia fatta di un tessuto che irrita la pelle e fa vivere una sofferenza continua, o altre cose peggiori come delle catene strette ai fianchi, direttamente sulla pelle, ecc.. Non potendo fare queste cose come le consorelle Teresina vive all’inizio una crisi profonda. Come diventare santa se non ho una salute sufficiente, e vado avanti con continue dispense dalla regola?

Ma non si scoraggia, non si lascia cadere le braccia, non entra nell’ipocrisia di apparire meglio di quello che è, oppure di inventarsi mille scuse. Neppure si mette a criticare la vita monastica o le superiori (eppure c'era materia per farlo). Guarda a Gesù solo: egli è l’unico modello e la forza del cammino verso la santità. Cerca in Dio, nella preghiera, a tastoni, un modo, una via, che le permetterà di offrire tutta la sua vita a Gesù. Il Signore che è onnipotente, le dà gli aiuti necessari, e soprattutto la aiuta a trasformare quello che sembrava un handicap in una forza per amarlo di più. È così che Teresina scopre la “Via delle anime piccole” come lei, la via delle piccole cose (le piccole spine della vita quotidiana, le tante mortificazioni morali, le tante occasioni di prendere l’ultimo posto, di essere disprezzata …). Non è un’anima tiepida, anzi, vuole essere una missionaria che possa incendiare il mondo d’amore e conquistarlo a Gesù. Con la preghiera e la conversione, attraverso le piccole cose offerte a Dio per amore.

Da ultima nella stima di molte consorelle diventa la prima nel Regno di Dio e agli occhi della storia.
La Chiesa la proclama patrona delle missioni cattoliche, patrona dell’evangelizzazione, senza che sia mai uscita dal suo monastero. Con la preghiera. Ma il monastero non è un “preghierificio”, come neppure la missione è l'annuncio vuoto di una formula. Tutto è fondato sulla vita nello Spirito Santo e quindi sull’amicizia con Gesù, l’intimità con lui sulla croce, ossia sulla conversione del missinario.

Che Teresina ci aiuti a credere allo spirito di forza, di zelo, di carità dolce e calda e di saggezza che il Signore ci dona. Che Teresina ci aiuti a fidarci, ad esercitare la fede che abbiamo ricevuto da Dio, senza lamentarci che la nostra fede è troppo piccola. Ci aiuti a decidere oggi a volere diventare santi e a riconfermare questa volontà ogni giorno.

Una differenza importante tra Giobbe e Teresina è che Giobbe non conoscendo la parola della croce ha SUBITO la prova, pur rimanendo fedele a Dio e benedicendolo anche quando non capiva. Teresina dopo una prima fase di smarrimento, e sempre illuminata dalla parola della croce, VUOLE condividere questa con Gesù, ama la sua piccolezza, la sua impotenza, e arriva a desiderare l’abiezione di Gesù e la sua passione. 
Non ci spaventiamo, rimaniamo fedeli e Dio, da Buon Pastore che ha cura delle sue pecore, porterà a compimento l’opera di conversione che ha iniziato in noi.





Prima Lettura  Gb 42,1-3.5-6.12-16
Ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo.

Dal libro di Giobbe
Giobbe prese a dire al Signore:
«Comprendo che tu puoi tutto
e che nessun progetto per te è impossibile.
Chi è colui che, da ignorante,
può oscurare il tuo piano?
Davvero ho esposto cose che non capisco,
cose troppo meravigliose per me, che non comprendo.
Io ti conoscevo solo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti hanno veduto.
Perciò mi ricredo e mi pento
sopra polvere e cenere».
Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli.
Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.    

Salmo Responsoriale
   Dal Salmo 118 
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo, Signore.

Insegnami il gusto del bene e la conoscenza,
perché ho fiducia nei tuoi comandi. 
Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari i tuoi decreti. 

Signore, io so che i tuoi giudizi sono giusti
e con ragione mi hai umiliato.
Per i tuoi giudizi tutto è stabile fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.

Io sono tuo servo: fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti. 
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.

Canto al Vangelo 
  Mt 11,25 
Alleluia, alleluia.

Ti rendo lode, Padre, 
Signore del cielo e della terra, 
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia.

Vangelo   Lc 10, 17-24
Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.

Dal vangelo secondo Luca 
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 
Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».  

Nessun commento:

Posta un commento