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lunedì 17 ottobre 2016

MOSE', TERESA D'AVILA, LA VEDOVA IMPORTUNA E LA PREGHIERA: Domenica XXIX del T. O.

chiesa di Saint Etienne du Rouvray presso Rouen
La battaglia contro Amalek ci insegna che dobbiamo combattere con tutte le forze fisiche e spirituali ma, alla fine, è la preghiera che decide le sorti delle nostre cause. Anche l’aiuto che riceve Mosè (o chiede) ci insegna quanto sia importante il non rimanere soli nella lotta che facciamo nella preghiera.

Nel Vangelo Gesù parla di “necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Necessità, non “optional”, o regalo da fare a Dio. Pregare sempre, non “quando mi sento”, “se mi emoziono, perché così è più vero”. Pregare “senza stancarsi mai”: lì ancora di più entra la prospettiva della fede.

Un’annotazione riguardo alla fede. La fede mi aiuta a perseverare quando non sento più niente, non vedo, mi invade il sentimento che Dio non mi ascolta, ecc. Ma pregare non è un’ossessione, non è un desiderio mio che diventa nevrosi, fissazione. E proprio la fede che è dialogo con Dio mi salva dal pericolo della fissazione e della nevrosi. Non c'è un grido, una supplica dei suoi figli che Dio disprezzi, non ascolti, ma non tutto è buono, non tutto è maturo in me. Nel mio dialogo con Dio io parto dal mio bisogno, dal mio dolore, dal mio desiderio, ma lo affido a Dio perché sia un cammino di vita e non di morte, possa maturare e pacificarsi, possa aprirsi a una verità più piena. Prendiamo l’esempio del marito abbandonato dalla moglie. La ama e soffre terribilmente, si sente solo e smarrito. Prega per la riconciliazione. Non significa che il suo modo precedente di vivere il matrimonio fosse realmente maturo, per esempio. Ripartire da capo con le stesse fragilità, gli stessi fraintendimenti sulla natura del matrimonio (anche da parte di tutt’e due) può portare ad un secondo fallimento che lascia ferite peggiori. Dio che lo sa, vuole l’unione di due sposi uniti dal sacramento ma vuole anche una crescita. Affidando a lui il mio desiderio di riconciliazione in una preghiera che sia anche ascolto, Dio forse non mi esaudisce subito, ma allarga le vedute, rafforza gli aspetti ancora troppo fragili, purifica ciò che è ancora egoismo perché diventi amore di donazione.


Chiediamo a santa Teresa d’Avila proclamata Dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970 in quanto maestra di preghiera di comunicarci la sua esperienza della preghiera.
Lo facciamo attraverso qualche citazione di un libro che raccoglie conversazioni del Cardinale Martini su questa santa: “Teresa d’Avila maestra di preghiera” (Àncora editrice) C. M. Martini. Faccio molto volentieri pubblicità per questo libro perché le riflessioni del Cardinale Martini sono sempre profonde. Inoltre ringrazio il Sito Aleteia che a sua volta citava questo libro.

Ecco il testo del Cardinale Martini:

Teresa identifica nella preghiera personale tre fasi: la preghiera spontanea, la preghiera difficile, la preghiera-dono.

La preghiera spontanea: “Per preghiera spontanea intendiamo quella che nasce dentro facilmente, senza sforzo, senza metodo, stimolata da quanto conosciamo della Rivelazione; è come una risposta istintiva a Dio che si rivela. Essa è presente in ciascun uomo, in ciascuna persona umana, pur se in modi assai diversi. Teresa l’ha praticata fin dall’infanzia. Scriverà che già prima di entrare nella vita religiosa aveva una specie di incontro quotidiano con Cristo nell’orto degli Ulivi: «Sono convinta che da ciò la mia anima si sia molto avvantaggiata, perché cominciavo a fare orazione senza neppur sapere che cosa fosse»”.

La preghiera difficile: Teresa, incontrò grandi difficoltà quando passò dalla preghiera spontanea, occasionale e momentanea a un’orazione più sistematica e costante nella vita religiosa.
DESIDERARE QUASI IL MOMENTO DELLA FINE DELLA PREGHIERA. “La prima è una difficoltà di tipo psicologico, che chiama incapacità discorsiva: era incapace di immaginare, ragionare alla presenza di Dio, impotente a meditare. Ciò che le dava soprattutto fastidio era l’assoluta insubordinazione dei propri pensieri, per cui diceva che annullavano la sua determinazione; questo turbinio di pensieri va e viene tra lei e Dio, come una ruota di mulino, come un seccatore, come un pazzo installatosi dentro casa. Tutto ciò rende molto faticoso quel suo tentativo di orazione, lo riduce a momenti passeggeri, che non riesce a prolungare. La constatazione di questa impotenza, parziale, ma inesorabile, è molto viva e molto sofferta. Difatti ella dice: «Spesso per alcuni anni badavo più a desiderare che l’ora dell’orazione finisse e ad attendere il segno dell’orologio che a sforzarmi di pregare. Molte volte non so quale grave penitenza avrei preferita a quella di raccogliermi per fare orazione. […]»”.
Teresa si scontrò con questa grande difficoltà per circa vent’anni, e per un anno e mezzo quasi abbandonò del tutto la preghiera, ma poi la riprese supportata da alcuni strumenti che l’aiutarono a raggiungere il suo scopo.
L’AIUTO DEL LIBRO, UNO SCUDO CONTRO I PENSIERI:
«In tutti questi anni, tranne dopo la comunione, non osavo mai cominciare a fare orazione senza libro perché temevo di trovarmi nell’orazione senza di esso, come di lottare con un grande esercito» (…) Con questo aiuto, che era come una compagnia, uno scudo contro gli assalti dei molti pensieri, restavo consolata. Infatti non ero sempre nell’aridità, ma quando mi mancava il libro sì, mentre con il libro mi cominciavo a raccogliere e con dolcezza orientavo l’anima a Dio».
INCOERENZA TRA PREGHIERA E VITA: La seconda difficoltà è la scoperta dell’incoerenza della vita con i momenti di orazione. Santa Teresa desiderò sempre l’incontro con Dio e la piena uniformità alla Sua volontà, ma per lungo tempo si sentì distratta dalle amicizie e dagli affetti, continuamente divisa e combattuta tra il mondo e il Signore.
«Cadevo e mi rialzavo e mi rialzavo così male che tornavo ancora a cadere. Ero così in basso in fatto di perfezione […] che la mia era una delle vite più penose che si possano immaginare, perché non godevo di Dio né mi sentivo contenta col mondo. Quando ero nelle gioie del mondo, il pensiero di quello che dovevo a Dio mi dava pena; e quando ero con Dio, gli affetti del mondo mi disturbavano. Era una lotta così penosa che non so come sia riuscita a sopportarla per un mese, nonché per tanti anni».
«SE LA VITA NON È AUTENTICA, NON PUÒ ESSERLO NEPPURE LA PREGHIERA»: La Santa avvertì fortemente dentro sé quel senso di incoerenza tra preghiera e vita, che ogni uomo in parte prova nel proprio cammino. Le venne così un dubbio profondo: se l’esistenza non è autentica come può esserlo la preghiera?
IMMEDESIMARSI NEI PERSONAGGI BIBLICI
L’aiuto Teresa lo trovò nel confronto e nell’immedesimazione nei personaggi biblici: «(…) la Vergine ai piedi della croce, la Maddalena, la Samaritana, san Paolo al momento della conversione, Giobbe. Per esempio, scrive nella Vita: «Quante volte mi ricordo dell’acqua viva di cui parlò il Signore alla Samaritana! Quel fatto del Vangelo mi è molto caro, mi era caro fin da bambina, sebbene non capissi come adesso questo bene. Supplicavo spesso il Signore a darmi quell’acqua. In camera mia c’era un quadro che rappresentava Gesù vicino al pozzo, con sotto le parole: Domine, da mihi aquam». Con una sorta di lectio embrionale cercava continuamente di ridare autenticità a una vita che riteneva non autentica e nella quale tuttavia non cessava di invocare il Signore perché la unificasse nella preghiera».

LA PREGHIERA-DONO È “IL SENSO DELLA PRESENZA DI DIO”
Il periodo della preghiera difficile durò vent’anni e poi finalmente giunse per la Santa un momento di passaggio e cambiamento fondamentale: entrò un giorno nell’Oratorio e soffermò il suo sguardo su una statua che raffigurava Gesù coperto di piaghe e così … “nel vederla mi sentii tutta commuovere perché rappresentava dal vivo quanto Egli aveva sofferto per noi”.  “La sua preghiera difficile aveva ottenuto finalmente quella purificazione faticosissima ma necessaria dalla presunzione di sé, rendendola pronta ad affidarsi unicamente al Signore. (…) È così spiegata la ragione della preghiera difficile: era un cammino positivo di purificazione, di cui non coglieva il senso, un disegno misterioso di Dio che operava per la sua purificazione”.


Prima Lettura  Es 17, 8-13
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.

Dal libro dell'Èsodo
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 120

Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Seconda Lettura  2 Tm 3, 14-4, 2
L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Canto al Vangelo
  Ebr 4,12
Alleluia, alleluia.

La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Alleluia.

   
  
Vangelo  Lc 18, 1-8
Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». 

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