Il segreto di
confessione è assolutamente inviolabile, ma il segreto va custodito con gelosa
cura e fermezza anche in altri casi. Continua il documento della Santa Sede.
2. Foro interno extra-sacramentale e
direzione spirituale
All’ambito giuridico-morale del foro interno
appartiene anche il cosiddetto “foro interno extra-sacramentale”, sempre
occulto, ma esterno al sacramento della Penitenza. Anche in esso la Chiesa
esercita la propria missione e potestà salvifica: non rimettendo i peccati,
bensì concedendo grazie, rompendo vincoli giuridici (come ad esempio le
censure) e occupandosi di tutto ciò che riguarda la santificazione delle anime
e, perciò, la sfera propria, intima e personale di ciascun fedele.
Al foro interno extra-sacramentale
appartiene in modo particolare la direzione spirituale, nella quale il singolo
fedele affida il proprio cammino di conversione e di santificazione a un
determinato sacerdote, consacrato/a o laico/a.
Nella direzione spirituale, il fedele
apre liberamente il segreto della propria coscienza al direttore/accompagnatore
spirituale, per essere orientato e sostenuto nell’ascolto e nel compimento
della volontà di Dio.
Anche questo particolare ambito, perciò,
domanda una certa qual segretezza ad extra, connaturata al
contenuto dei colloqui spirituali e derivante dal diritto di ogni persona al
rispetto della propria intimità (cf. can. 220 CIC). Per quanto in modo soltanto
“analogo” a ciò che accade nel sacramento della confessione, il direttore
spirituale viene messo a parte della coscienza del singolo fedele in forza del
suo “speciale” rapporto con Cristo, che gli deriva dalla santità di vita e – se
chierico – dallo stesso Ordine sacro ricevuto.
A testimonianza della speciale
riservatezza riconosciuta alla direzione spirituale, si consideri la
proibizione, sancita dal diritto, di chiedere non solo il parere del
confessore, ma anche quello del direttore spirituale, in occasione dell’ammissione
agli Ordini sacri o, viceversa, per la dimissione dal seminario dei candidati
al sacerdozio (cf. can. 240, § 2 CIC; can. 339, § 2 CCEO). Allo stesso modo,
l’istruzione Sanctorum Mater del 2007, relativa allo svolgimento
delle inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi, vieta di
ammettere a testimoniare non soltanto i confessori, a tutela del sigillo
sacramentale, ma anche gli stessi direttori spirituali del Servo di Dio, anche
per tutto ciò che abbiano appreso nel foro di coscienza, fuori della
confessione sacramentale[9].
Tale necessaria riservatezza sarà tanto
più “naturale” per il direttore spirituale, quanto più egli imparerà a
riconoscere e a “commuoversi” davanti al mistero della libertà del fedele che,
per mezzo suo, si rivolge a Cristo; il direttore spirituale dovrà concepire la
propria missione e la propria stessa vita esclusivamente davanti a Dio, al
servizio della sua gloria, per il bene della persona, della Chiesa e per la
salvezza del mondo intero.
3. Segreti e altri limiti propri della
comunicazione
Di altra natura rispetto all’ambito del
foro interno, sacramentale ed extra-sacramentale, sono le confidenze fatte
sotto il sigillo del segreto, nonché i cosiddetti “segreti professionali”, di
cui sono in possesso particolari categorie di persone, tanto nella società
civile quanto nella compagine ecclesiale, in virtù di uno speciale ufficio da
queste svolto per i singoli o per la collettività.
Tali segreti, in forza del diritto
naturale, vanno sempre serbati, «tranne – afferma il Catechismo della
Chiesa Cattolica al n. 2491 – i casi eccezionali in cui la custodia
del segreto dovesse causare a chi li confida, a chi ne viene messo a parte, o a
terzi, danni molto gravi ed evitabili soltanto mediante la divulgazione della
verità».
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