Qualcuno mi ha interrogato sugli appunti del Papa Emerito Ratzinger circa
il problema degli abusi su minori da parte di membri del clero, resi pubblici qualche
settimana fa e subito rilanciati da tutti i media, il più spesso in chiave critica
contro papa Francesco, e al contrario attaccato da teologi e giornalisti seri e
non. Posso io essere all’altezza di offrire qualche riflessione?
La tesi
del testo attribuito a Ratzinger sembra potersi riassumere in questo modo:
la crisi della pedofilia nella Chiesa parte dagli anni sessanta con la
rivoluzione sessuale e l’applicazione (cattiva) del Concilio Vaticano II, con conseguente
malformazione e cattivo discernimento vocazionale dei futuri preti nei
seminari. Le vittime di atti di pedofilia da parte di membri del clero sono all’80
% dei maschi, per lo più tra 11 e 14 anni, quindi il problema riporta a membri
del clero omosessuali. Non c’entra nulla il clericalismo di cui parla papa Francesco.
Papa
Francesco, partendo dalle vittime, sottolinea invece fortemente che l’ampiezza del fenomeno della
pedofilia nella Chiesa e il suo perdurare è stato favorito dal clericalismo che
induce all’occultamento, alla protezione e alla difesa dell’istituzione prima che
delle vittime, e apre la strada ad atteggiamenti di abuso di potere e abuso di
coscienza da parte del chierico pedofilo.
Alcune
domande si pongono immediatamente: è proprio Papa Ratzinger che ha scritto, e in
questa forma, il testo pubblicato sotto il suo nome? È lui che ha deciso che si
pubblicasse? Con quale intenzione? Se invece l’iniziativa oltre che il testo,
provengono da una cerchia attorno a lui, le cose prendono una luce molto diversa.
Però, anche se sono domande senz’altro importanti bisogna dire che non sono decisive
e io non ho risposte qualificate al riguardo.
Ad
un primo livello ci dobbiamo chiedere se questi due approcci, chiaramente
diversi, si possono conciliare. È certo che un clima di relativismo circa la
Rivelazione, la morale, e anche l’autorità, rendono più difficile l’accettazione
e il rispetto concreto dei valori cristiani della sessualità.
In un
suo lungo ed interessante articolo del 26 aprile scorso, pubblicato sul sito “First
Things” e tradotto a cura di www.finesettimana.org,
il Cardinal Muller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
scrive:
“Quando Paolo dice che, come conseguenza del negare il
creatore e del disprezzo dei peccatori verso Dio, “i maschi, lasciando il
rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli
altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi” (Rom 1,27), intende
evidentemente quello che sta dicendo. Come possono degli esegeti sapere che
dietro al significato ovvio di queste parole, si intende qualcosa d'altro,
perfino l'esatto opposto? Negli atti immorali, specialmente contro l'amore matrimoniale
e la sua fecondità, Paolo scopre una negazione di Dio, perché la volontà del
Creatore non è riconosciuta come la misura del nostro far bene. Per la vita
della Chiesa, questo ha un'altra conseguenza importante: possiamo ammettere
all'ordinazione solo candidati che possiedono i naturali prerequisiti, sono
intellettualmente e moralmente capaci, e mostrano la rettitudine spirituale per
donarsi totalmente a servizio del Signore.
Come giustamente sottolinea Benedetto XVI, possiamo
solo voltare le spalle a sentieri di falsità se intendiamo la sessualità
maschile e femminile come dono di Dio, che non serve al piacere narcisistico ma
ha il suo vero obiettivo nell'amore tra gli sposi e nella responsabilità per
una famiglia. Solo nel più ampio contesto di Eros e Agape la sessualità ha
davvero il potere di edificare la persona umana, la Chiesa e lo stato.
Altrimenti causa distruzione. Solo un punto di vista materialistico e ateistico
vede la volontaria rinuncia al matrimonio nel celibato presbiterale e nella vita
religiosa come causa di crimini sessuali contro adolescenti. Non c'è alcuna
prova di questo: dati statistici su abusi sessuali dicono l'opposto.”
In poche
righe il Cardinal Muller ci offre le basi dottrinali sulle quali la Chiesa appoggia
la sua riflessione e il suo approccio pastorale sulla sessualità.
Ma papa
Ratzinger è evidentemente nell’errore se dimentica che il problema della pedofilia
nella Chiesa (e nella società) e della relativa omertà non sono nati negli anni
’60 né derivano da correnti teologiche o psicologiche contestabili. Si rimane
perplessi: lui stesso, e dobbiamo dire con grande coraggio e purezza, ha
lottato per affrontare fatti criminali come quelli commessi da Marcial Maciel Degollado,
fondatore dei Legionari di Cristo, che risalivano agli anni 40, oppure quelli del
ex Cardinal McCarrick formato e ordinato prete prima del Concilio e di tanti
altri. È Ratzinger stesso che ha ottenuto che la prescrizione in fatti di
pedofilia sia modificata per poter giudicare fatti molto indietro nel tempo. Ritorna
la domanda: è lui l’autore di questo testo, o è tanto vecchio e ammalato e non più lucido,
al punto di commettere errori così evidenti?
Come
contributo della sua esperienza personale questo testo è molto interessante e non
entra in contraddizione con l’approccio di papa Francesco che, secondo me, non solo
dona criteri per guardare a qualsiasi periodo storico ma va più alla radice del
problema dell’omertà e della tentazione di abusare di persone in situazione di vulnerabilità
che siano o meno minori di età. L'approccio di papa Francesco indica anche gli antidoti che può fornire una vera vita
di comunità nello Spirito Santo, radunata nell’ascolto della Parola di Dio e nella
Celebrazione dei Sacramenti, nell’esercizio dei doni che caratterizzano ogni membro
di Cristo e ogni comunità cristiana: sacerdotale, profetico e regale. Invece
il Cardinal Muller che invita, come il testo attribuito a Ratzinger, a
ritornare ai fondamenti della nostra fede per uscire dalla crisi attuale,
dimentica nei mezzi che propone la comunità e la sua missione. E questo
sorprende molto, perché la comunità è onnipresente negli Atti degli Apostoli e nel Nuovo Testamento ed
è fondante della Struttura della “Ecclesia”, cioè della Comunità di Dio o, detto in
italiano, della Chiesa.
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