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mercoledì 1 maggio 2019

UN MIO PARERE SULLA CRISI DELLA PEDOFILIA E SUL TESTO DI PAPA RATZINGER



Qualcuno mi ha interrogato sugli appunti del Papa Emerito Ratzinger circa il problema degli abusi su minori da parte di membri del clero, resi pubblici qualche settimana fa e subito rilanciati da tutti i media, il più spesso in chiave critica contro papa Francesco, e al contrario attaccato da teologi e giornalisti seri e non. Posso io essere all’altezza di offrire qualche riflessione?
La tesi del testo attribuito a Ratzinger sembra potersi riassumere in questo modo: la crisi della pedofilia nella Chiesa parte dagli anni sessanta con la rivoluzione sessuale e l’applicazione (cattiva) del Concilio Vaticano II, con conseguente malformazione e cattivo discernimento vocazionale dei futuri preti nei seminari. Le vittime di atti di pedofilia da parte di membri del clero sono all’80 % dei maschi, per lo più tra 11 e 14 anni, quindi il problema riporta a membri del clero omosessuali. Non c’entra nulla il clericalismo di cui parla papa Francesco.
Papa Francesco, partendo dalle vittime, sottolinea invece fortemente che l’ampiezza del fenomeno della pedofilia nella Chiesa e il suo perdurare è stato favorito dal clericalismo che induce all’occultamento, alla protezione e alla difesa dell’istituzione prima che delle vittime, e apre la strada ad atteggiamenti di abuso di potere e abuso di coscienza da parte del chierico pedofilo.
Alcune domande si pongono immediatamente: è proprio Papa Ratzinger che ha scritto, e in questa forma, il testo pubblicato sotto il suo nome? È lui che ha deciso che si pubblicasse? Con quale intenzione? Se invece l’iniziativa oltre che il testo, provengono da una cerchia attorno a lui, le cose prendono una luce molto diversa. Però, anche se sono domande senz’altro importanti bisogna dire che non sono decisive e io non ho risposte qualificate al riguardo.
Allora rimane la domanda sul fondo: delle due posizioni sul problema della pedofilia nella Chiesa quale ci aiuta di più a comprenderla e a combatterla?
Ad un primo livello ci dobbiamo chiedere se questi due approcci, chiaramente diversi, si possono conciliare. È certo che un clima di relativismo circa la Rivelazione, la morale, e anche l’autorità, rendono più difficile l’accettazione e il rispetto concreto dei valori cristiani della sessualità.
In un suo lungo ed interessante articolo del 26 aprile scorso, pubblicato sul sito “First Things” e tradotto a cura di  www.finesettimana.org, il Cardinal Muller, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, scrive:
 Quando Paolo dice che, come conseguenza del negare il creatore e del disprezzo dei peccatori verso Dio, “i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi” (Rom 1,27), intende evidentemente quello che sta dicendo. Come possono degli esegeti sapere che dietro al significato ovvio di queste parole, si intende qualcosa d'altro, perfino l'esatto opposto? Negli atti immorali, specialmente contro l'amore matrimoniale e la sua fecondità, Paolo scopre una negazione di Dio, perché la volontà del Creatore non è riconosciuta come la misura del nostro far bene. Per la vita della Chiesa, questo ha un'altra conseguenza importante: possiamo ammettere all'ordinazione solo candidati che possiedono i naturali prerequisiti, sono intellettualmente e moralmente capaci, e mostrano la rettitudine spirituale per donarsi totalmente a servizio del Signore.
Come giustamente sottolinea Benedetto XVI, possiamo solo voltare le spalle a sentieri di falsità se intendiamo la sessualità maschile e femminile come dono di Dio, che non serve al piacere narcisistico ma ha il suo vero obiettivo nell'amore tra gli sposi e nella responsabilità per una famiglia. Solo nel più ampio contesto di Eros e Agape la sessualità ha davvero il potere di edificare la persona umana, la Chiesa e lo stato. Altrimenti causa distruzione. Solo un punto di vista materialistico e ateistico vede la volontaria rinuncia al matrimonio nel celibato presbiterale e nella vita religiosa come causa di crimini sessuali contro adolescenti. Non c'è alcuna prova di questo: dati statistici su abusi sessuali dicono l'opposto.”
In poche righe il Cardinal Muller ci offre le basi dottrinali sulle quali la Chiesa appoggia la sua riflessione e il suo approccio pastorale sulla sessualità.
Ma papa Ratzinger è evidentemente nell’errore se dimentica che il problema della pedofilia nella Chiesa (e nella società) e della relativa omertà non sono nati negli anni ’60 né derivano da correnti teologiche o psicologiche contestabili. Si rimane perplessi: lui stesso, e dobbiamo dire con grande coraggio e purezza, ha lottato per affrontare fatti criminali come quelli commessi da Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, che risalivano agli anni 40, oppure quelli del ex Cardinal McCarrick formato e ordinato prete prima del Concilio e di tanti altri. È Ratzinger stesso che ha ottenuto che la prescrizione in fatti di pedofilia sia modificata per poter giudicare fatti molto indietro nel tempo. Ritorna la domanda: è lui l’autore di questo testo, o è tanto vecchio e ammalato e non più lucido, al punto di commettere errori così evidenti?
Come contributo della sua esperienza personale questo testo è molto interessante e non entra in contraddizione con l’approccio di papa Francesco che, secondo me, non solo dona criteri per guardare a qualsiasi periodo storico ma va più alla radice del problema dell’omertà e della tentazione di abusare di persone in situazione di vulnerabilità che siano o meno minori di età. L'approccio di papa Francesco indica anche gli antidoti che può fornire una vera vita di comunità nello Spirito Santo, radunata nell’ascolto della Parola di Dio e nella Celebrazione dei Sacramenti, nell’esercizio dei doni che caratterizzano ogni membro di Cristo e ogni comunità cristiana: sacerdotale, profetico e regale. Invece il Cardinal Muller che invita, come il testo attribuito a Ratzinger, a ritornare ai fondamenti della nostra fede per uscire dalla crisi attuale, dimentica nei mezzi che propone la comunità e la sua missione. E questo sorprende molto, perché la comunità è onnipresente negli Atti degli Apostoli e nel Nuovo Testamento ed è fondante della Struttura della “Ecclesia”, cioè della Comunità di Dio o, detto in italiano, della Chiesa.

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