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mercoledì 15 ottobre 2025

DOBBIAMO RIPENSARE L'ONNIPOTENZA DI DIO / 47. NICEA, Gesù Cristo,... n. 83



83. Analogamente a ciò che accade quando si tratta di entrare nel “pensiero di Cristo”, l’allargamento dell’ontologia e dell’antropologia implica una conversione e può imbattersi nella resistenza del pensiero, abituato ai suoi limiti. L’evento di Sapienza obbliga a tenere in considerazione non solo “l’analogia della creazione” ma anche “l’analogia della carità”. Di fronte alla kenosi dell’incarnazione e della passione di Cristo, davanti alla sofferenza e al male che toccano l’umanità, lo spirito umano si imbatte nei suoi limiti. S’impone la questione: perché il Padre onnipotente sembra dapprima aver osservato dall’alto la via crucis del Figlio sofferente e non ha agito se non dopo la sua morte? Perché non ha esaudito immediatamente la preghiera dell’Orto degli Ulivi, presentata col sudore di sangue per la paura: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!» (Mt 26,39b)? 

Di fatto, l’uguaglianza d’essenza col Padre del Figlio incarnato e crocifisso, professata nel Simbolo di Nicea, invita il pensiero umano a convertirsi e a convertire il significato del termine “onnipotenza”. Il Dio trinitario non è prima di tutto onnipotenza e solo in seguito amore: la sua onnipotenza è piuttosto identica all’amore che si è manifestato in Gesù Cristo. In effetti, ciò che Gesù ha vissuto, tale quale è attestato nel Nuovo Testamento è – per l’azione dello Spirito – la rivelazione nella storia, sul piano dell’economia trinitaria, della relazione e della realtà intratrinitarie immanenti in Dio.[135]Dio è veramente tale quando la sua onnipotenza d’amore non impone niente, ma piuttosto, dona al suo partner dell’alleanza, l’uomo, la capacità di legarsi a Lui in modo libero e gratuito. Dio corrisponde al suo proprio essere quando non converte con la forza l’umanità pervertita dal peccato, ma la riconcilia con sé attraverso gli avvenimenti di Betlemme e del Golgota. In tutto questo, i nostri modi umani di vedere sono chiamati a lasciarsi trasfigurare profondamente dal Cristo: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri» (Is 55,8; si veda anche Mt 16,23).


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