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mercoledì 27 settembre 2023

MATTEO MESSINA DENARO STA IN PARADISO? 2/2


“Matteo Messina Denaro non si è pentito quindi sta all’inferno!” Il post precedente (La Gioia del Vangelo: GIORGIO NAPOLITANO E MATTEO MESSINA DENARO STANNO ALL'INFERNO? 1/2) ha già chiarito, spero, che il giudizio è tra l’anima e il suo Creatore e Redentore. L’inferno esiste, e Gesù ci ha messo spesso in guardia contro il rischio della dannazione, ma non possiamo sostituirci a Dio. 

Ma Matteo Messina Denaro si presenta molto diverso da tanti peccatori comuni e non si tratta di dare il solito colpo di spugna su una tale vita!

Per esempio il fratello del piccolo Di Matteo sciolto nell’acido dice che non può perdonare. Questa posizione personale può essere solo rispettata e compresa. Perdonare il nemico come fece nel funerale la moglie di uno degli agenti uccisi a Capaci è una grazia, una testimonianza veramente stupenda sul piano evangelico, e ci apre alla visione stessa di Gesù sulla nostra umanità. Ma non tutti hanno questa grazia nell’oggi. 

C'è poi un altro aspetto. Se Gesù è sempre pronto al perdono, il peccatore deve accoglierlo, pentendosi del male commesso, cercando di ripararlo almeno con una vita nuova e, per quanto possibile, chiedendo perdono a coloro che ha ferito, offeso. Sant’Alfonso de’ Liguori raccomanda di non dare l’assoluzione al ladro prima che abbia restituito il maltolto perché “la roba è un certo qual sangue delle vene che per cavarselo ci vuole un miracolo!” A maggior ragione quando si tratta di uccisioni, traffici vari, associazione a delinquere, ecc.

“Ma vallo a dire a Falcone e Borsellino che hanno pagato con la vita la lotta per la giustizia che Massimo Denaro va in paradiso!”

Chi sta in paradiso ha ormai gli stessi sentimenti di Cristo e desidera con tutto il cuore che chiunque lo raggiunga, lasci la via del crimine e l’orribile condanna del Demonio. Tutti siamo stati “misericordiati”, nessuno si è salvato senza il potere del sangue di Cristo! Purtroppo questo aspetto essenziale del Cristianesimo viene ignorato da troppi battezzati, mentre chiunque inizia a camminare nella via dello spirito comprende che non basta “comportarsi bene”, è necessario essere salvati da Dio stesso.

Ma c'è di più: la Chiesa, contemplando la giustizia di Dio, sa che oltre il paradiso e l’inferno c'è un’anticamera al paradiso : il purgatorio. Se un corrotto - colui che giustifica il suo modo di vivere peccaminoso rifiutando di lasciarsi illuminare la coscienza - ha la grazia di invocare il nome di Cristo, chiede perdono, non si ostina al momento della morte, sarà salvo ma non sarà ancora purificato. E questo è una situazione che ci riguarda potenzialmente tutti. Meno siamo purificati al momento della morte più lunga e dolorosa sarà la purificazione dopo. Non si entra in paradiso senza purificazione totale. La Chiesa ritiene come peccati gravissimi l’ostinazione finale (la scelta deliberata dell’inferno), la presunzione di essere salvo senza convertirsi, ma anche il non sperare più nella misericordia di Dio (Giuda vedendo di aver sbagliato, decise lui quale castigo applicarsi invece di chiedere perdono).

Inoltre la Chiesa può e deve prendere posizione sul comportamento esterno. 

C'è il “foro esterno” e il “foro interno”. Foro esterno è quello che si può conoscere, sono i fatti concreti. Foro interno è il tuo rapporto intimo con Dio. Il primo, può essere giudicato da chi ne ha una conoscenza sufficiente e la competenza. La Chiesa può scomunicarti, dichiarando che non sei più in comunione con essa, né puoi ricevere i sacramenti… Scrive san Paolo: “questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore”. (1 Corinzi 5, 5; vedi anche 1 Tim 1,20). 

Il Canone 1184 del Diritto Canonico afferma che le esequie si negano “ai peccatori manifesti ai quali non è possibile concederle senza pubblico scandalo dei fedeli”. “Presentandosi qualche dubbio si rimanda all’ordinario del luogo al cui giudizio bisogna stare”. Gli unici su cui si afferma esplicitamente il divieto sono “apostati, eretici e scismatici”. Per i malavitosi il sacerdote deve rivolgersi al suo vescovo che farà un serio discernimento. 

L'Eucaristia presuppone una comunità di credenti. Spesso chi viene in chiesa per l’addio a un defunto non è praticante o neppure credente. L'Eucaristia è un atto molto impegnativo e si deve rispettarne la santità e la stessa posizione delle persone che assistono.

Monsignor Maffeis, per le esequie di Totò Riina disse: «Alla Chiesa sta a cuore l’educazione delle coscienze, l’educazione alla legalità, sostenere le tante persone che alzano la testa contro la mafia», Se la famiglia lo chiede, «la presenza di un sacerdote per accompagnare con la preghiera la salma non si può negare a nessuno… ovviamente c’è il tribunale di Dio, al quale non ci sostituiamo, ma dobbiamo considerare anche l’importanza dei segni, […]i funerali pubblici per qualunque mafioso sarebbero un segno che confonde».

Anche Papa Francesco a Sibari affermò che coloro che appartengono alla criminalità organizzata sono scomunicati. In precedenza San Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993 gridò con voce rotta dall’emozione «Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio». Anche papa Benedetto ha assunto posizioni forti. 

Monsignor Corrado Lorefice conferma l’inconciliabilità dell’appartenenza alle organizzazioni mafiose con l’annuncio del Vangelo. Nella Lettera “Convertitevi!” dei Vescovi di Sicilia, per il venticinquesimo dell’appello di San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, i Vescovi siciliani hanno riaffermato con forza la distanza tra la mafia e la Chiesa; Papa Francesco in occasione della memoria del martirio “in odium fidei” del Beato don Giuseppe Puglisi disse: «Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore. […] Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte». 

Il Cardinale Franco Montenegro proibì nella Diocesi di Agrigento i funerali in chiesa per boss e presunti tali, a meno di un manifesto pentimento pubblico da parte dell’interessato e permise solo una preghiera per il boss di Siculiana, Giuseppe Lo Mascolo. Affermò: “L’unico modo per imbavagliare la mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare la mediocrità, i compromessi e il conformismo. Se la mafia c’è è anche colpa nostra”.

Seguiamo il Magistero e le figure profetiche che lottano per incarnare il Vangelo di Cristo, uno su tutti il Beato Don Pino Puglisi.


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