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martedì 26 settembre 2023

GIORGIO NAPOLITANO E MATTEO MESSINA DENARO STANNO ALL'INFERNO? 1/2


Sono morti a pochi giorni di distanza due personaggi della Storia dell’Italia, Giorgio Napolitano e il mafioso e stragista non pentito Matteo Messina Denaro. 

Non conoscevo Giorgio Napolitano fino alla sua elezione a Presidente della Repubblica. Solo adesso ho saputo dell’accusa a lui rivolta di aver lodato la sciagurata repressione con i carri armati nel 1956 della ribellione degli ungheresi contro i russi. Ma non voglio parlare di politica, bensì di altro. Sorprende e addolora tanto che persone che si dicono cattolici, magari pretendono di esserlo più del Papa, possano augurare l’inferno a Giorgio Napolitano o a chicchessia e addirittura si sentano in grado di emettere sentenze di condanna eterna per qualcuno.

Il giudizio riguardo alla vita eterna o alla condanna eterna non appartiene all’uomo ma solo a Dio!

Ma cosa significa? La verità su questo punto è molto semplice, ma è necessario precisarla perché è un punto fondamentale della fede e della vita spirituale.

Chiunque confida nella misericordia di Dio e si pente sinceramente del male commesso, non verrà condannato ma salvato dal sacrificio di Cristo sulla croce, amore supremo. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Timòteo 2, 4). Di fatto siamo già tutti salvati perché Cristo ha redento tutti: “È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Giovanni 2,2; vedi anche 1 Pietro 3, 18) ma non tutti lo sanno, e qualcuno non accetta che Gesù di Nazareth sia il suo Signore, sia la Verità che deve guidare la sua vita, il volto di Dio e dell’uomo rinnovato. 

Come sapere però con certezza se qualcuno ha accettato o meno Gesù come Signore? Non c'è un modo assoluto di saperlo. Certamente chi persevera nella fede non sarà abbandonato e quindi questo è un segno forte della salvezza di una persona. Allo stesso modo è brutto segno vedere qualcuno che persevera lontano dalla via del Vangelo. Senza un miracolo “l’albero cade dalla parte dove pende”! Ma innanzitutto dobbiamo essere prudenti. San Paolo dice: “Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode”. (1 Corinzi 4, 5). Quindi se la prudenza impedisce di “canonizzare” qualcuno prima della morte e la Chiesa stessa fa un esame rigorosissimo della vita di un fedele prima di dichiararlo "Venerabile", non conosciamo tutto il complesso dei movimenti della coscienza davanti a Dio di qualcuno che giudichiamo peccatore. A maggior ragione possiamo sperare che la misericordia di Dio abbia suscitato anche all’ultimo momento una invocazione di pentimento. È però da folli giocare con la propria salvezza eterna nascondendosi dietro false ragioni quali: Dio è buono, all’ultimo momento mi pentirò, ma Dio mi darà ragione, secondo me non è peccato, nessuno mi può giudicare, tutti lo fanno…  

Infatti la Scrittura insegna a tutti che “In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio”. (2 Corinzi 7, 1). E ancora: “Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore”. (Filippesi 2, 12; vedi anche Ebrei 4, 1; Ebrei 12, 28; 1 Pietro 1, 17). Tutto si conclude però nell’amore gratuito di Dio per colui che cammina umilmente con il Signore e si rende conto già in questa vita che “Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore”. (1 Giovanni 4, 18).

Ma allora non c'è nessuna differenza tra chi si sforza di praticare il bene e il criminale? La Chiesa non prende posizione? Sì, la Chiesa prende  posizione. Vediamolo nel post successivo parlando più specificamente di Matteo Messina Denaro. 


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