77. Ciò è possibile perché Cristo vede il Padre attraverso i suoi occhi umani e ci invita a entrare nel suo sguardo. D’altronde, questo cammino richiede una profonda trasformazione del nostro pensiero, della nostra mens, che deve passare attraverso una conversione e una sovra-elevazione: «Non uniformatevi al mondo presente, ma trasformatevi continuamente nel rinnovamento della vostra coscienza» (Rm 12,2). È proprio questo ciò che apporta l’evento Cristo: l’intelligenza, la volontà, le capacità d’amare sono letteralmente salvate dalla Rivelazione professata a Nicea. Esse sono purificate, orientate, trasfigurate. Esse rivestono una forza nuova, forme e contenuti inauditi. Le nostre facoltà non possono entrare in comunione col Cristo se non venendo conformate a Lui, in un processo che rende i credenti «conformati (symmorphizomenos)» (Fil 3,10) al Crocifisso Risorto fin nella loro mens. Questo pensiero nuovo si caratterizza per il fatto di essere inseparabilmente conoscenza e amore. Come sottolinea Papa Francesco: «San Gregorio Magno ha scritto che “amor ipse notitia estˮ, l’amore stesso è una conoscenza, che porta in sé una logica nuova».[121]È una conoscenza misericordiosa e piena di compassione, tanto la misericordia è la sostanza del Vangelo[122] e riflette il carattere stesso del Dio di Gesù Cristo, professato nel Simbolo di Nicea. La mens rinnovata implica una comprensione dell’analogia rivisitata alla luce del mistero di Cristo. Essa tiene insieme ciò che noi potremmo chiamare l’“analogia della creazione”, in virtù della quale si può percepire la presenza divina nella pace dell’ordine cosmico,[123]e ciò che potremmo chiamare “l’analogia della carità”.[124]Questa analogia, che potremmo definire capovolta, di fronte al mistero dell’iniquità e della distruzione ma alla luce del mistero più forte della passione e risurrezione di Cristo, riconosce la presenza del Dio d’amore al cuore della vulnerabilità e della sofferenza. Questa sapienza di Cristo è descritta nella Prima lettera ai Corinzi come quella che «ha reso follia la sapienza di questo mondo»:
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione (1Cor 1,17-21).
[121] Ibid., n. 27, dove si cita Gregorio Magno, Homiliae in Evangelia, II, 27, 4: PL 76, 1207.
[122] Cf. Francesco, Discorso a Napoli in occasione della conferenza “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del mediterraneo”, 21 giugno 2019, p. 9.
[123] «Dalla grandezza e bontà delle creature per analogia si può conoscere il loro autore» (Sap 13,5). Cf. Sancti Thomae de Aquino Scriptum super Sententiis liber I, q. 1, a. 2, ad 2, che evoca l’«analogia creaturae ad Creatorem».
[124] Cf. M. Lochbrunner, Analogia Caritatis. Darstellung und Deutung der Theologie Hans Urs von Balthasars, Freiburg im Breisgau – Basel – Wien, Herder, coll. «Freiburger Theologische Studien», n. 120, 1981, p. 62 e pp. 292-293. Si veda anche Commissione Teologica Internazionale, Teologia, cristologia e antropologia, 1981, D, 1: «L’annuncio che ha per oggetto Gesù Cristo, Figlio di Dio, si presenta sotto il segno biblico per voi, per cui la cristologia tutta va trattata in prospettiva soteriologica. Giustamente, quindi, in un certo senso, alcuni autori moderni hanno tentato di elaborare una cristologia “funzionale”. Viceversa, però, bisogna parimenti ritenere che “l’esistenza per gli altri” di Gesù Cristo non può separarsi dalla sua relazione al Padre, né dalla sua comunione intima con lui e che, di conseguenza, deve fondarsi sulla sua filiazione eterna. La pro-esistenza di Gesù Cristo, mediante la quale Dio stesso si comunica agli uomini, presuppone la sua pre-esistenza».
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