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Foto di gruppo con Papa Francesco durante la sua visita a Nomadelfia pochi giorni fa. |
Ho fatto quasi un furto ieri con il testo sulla Dottrina della Tribolazione in quanto l'ho ripreso dall'articolo della "Civiltà Cattolica", la rivista dei gesuiti, pubblicato il 5 maggio scorso. (https://www.laciviltacattolica.it/articolo/la-dottrina-della-tribolazione) e ho tentato, forse in modo goffo, di riassumerlo e renderlo con parole più vicine ai laici in particolare che - anche loro, ahimè - conoscono la tribolazione....
Come promesso aggiungo oggi due estratti di note dello stesso testo, molto illuminanti sull'argomento che tratta il futuro Papa Francesco.
Note: «In consonanza con questo [si
riferisce al Decreto II della XIX Congregazione Generale, che elesse Generale
il p. Ricci] si trova l’emozionante serie di lettere rivolte dal nuovo Generale
ai suoi religiosi man mano che le prove si accumulano e i pericoli vanno
accrescendosi. L’8 dicembre 1759, all’indomani dei decreti di Pombal che
distruggevano le Province portoghesi, il P. Ricci invita alla preghiera per
domandare anzitutto spiritum
bonum, il vero spirito soprannaturale della vocazione, la perfetta
docilità alla grazia divina. Di nuovo il 30 novembre 1761, nel momento in cui
la Francia viene a sua volta raggiunta dalla tempesta, ciò che domanda è che si
riponga del tutto la fiducia in Dio, si approfitti delle prove per la
purificazione delle anime, si ricordi che esse ci avvicinano di più a Cristo, e
servono anche per la maggior gloria di Dio. Il 13 novembre 1763 insiste sulla
necessità di pregare e di rendere la preghiera più efficace con la santità
della vita, raccomandando anzitutto l’umiltà, lo spirito di povertà e la
perfetta obbedienza richiesta da sant’Ignazio. Il 16 giugno 1769, dopo
l’espulsione dei gesuiti spagnoli, nuovo richiamo alla preghiera, allo zelo nel
purificarsi dei minimi difetti. Infine, il 21 febbraio 1773, sei mesi prima della
firma del breve Dominus ac
Redemptor, nella mancanza di qualsiasi soccorso umano vuole vedere un
effetto della misericordia di Dio, che invita coloro che prova a non confidare
in altri se non in Lui; esorta ancora alla preghiera, ma per chiedere unicamente
la conservazione di una Compagnia fedele allo spirito della sua vocazione: “Se,
Dio non lo permetta, essa dovesse perdere quello spirito, importerebbe poco che
venisse soppressa, dato che sarebbe divenuta inutile al fine per cui era stata
fondata”. E termina con una calorosa esortazione a mantenere nella sua
interezza lo spirito di carità, di unione, di obbedienza, di pazienza e di
semplicità evangelica. Queste sono le parole con cui la Divina Provvidenza
volle che si chiudesse la storia spirituale della Compagnia nel momento della
prova suprema del sacrificio totale che le si stava per chiedere.
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