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mercoledì 21 agosto 2024

QUALE RAPPORTO TRA ESPERIENZA PERSONALE E VERITÀ? / San Pio X, 21 agosto, 2024.


San Pio X (Papa dal 1903 al 1014) è ricordato spesso per il suo rigore nel difendere la verità della fede. Questo creò un clima spesso soffocante, tra l'altro a causa del giuramento antimodernista che impose a chi insegnava teologia. Per questo motivo Paolo VI lo soppresse, ma ribadì la condanna del modernismo in sé. Infatti il "modernismo teologico" voleva ripensare il messaggio cristiano alla luce delle istanze della società contemporanea, mettendo la ragione umana sopra la Rivelazione divina, travolgendo la comprensione dei contenuti della fede, l'esegesi biblica, la filosofia cristiana, gli studi di storia del cristianesimo e della Chiesa, l'esperienza religiosa. 

In sintesi le tesi moderniste condannate dalla Chiesa erano :

la Rivelazione non è davvero parola di Dio e neppure di Gesù Cristo, ma un prodotto naturale della nostra sub-coscienza;

la Fede non è un fatto oggettivo ma dipende dal sentimento di ciascuno;

i Dogmi sono simboli dell'esperienza interiore di ciascuno; la loro formulazione è frutto di uno sviluppo storico;

i Sacramenti derivano dal bisogno del cuore umano di dare una forma sensibile alla propria esperienza religiosa, non furono istituiti da Gesù Cristo e servono soltanto a tener vivo negli uomini il pensiero della presenza del Creatore;

il Magistero della Chiesa non ci comunica affatto la verità proveniente da Dio;

la Bibbia è una raccolta di episodi mitici e/o simbolici, e comunque non si tratta di un libro divinamente ispirato;

gli interventi di Dio nella storia (quali miracoli e profezie) non sono altro che racconti trasfigurati di esperienze interiori personali;

il Cristo della Fede è diverso dal Gesù della storia; la divinità di Cristo non si ricava dai Vangeli canonici;

il valore espiatorio e redentivo della morte di Cristo è frutto della teologia della croce elaborata dall'apostolo Paolo.

Constatiamo che anche oggi alcuni, o molti, aderiscono a tesi del genere, o attingendo senza cautela a maestri che non lo sono (“Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci.” (2 Timòteo 4, 3) oppure assolutizzando la propria visione soggettiva. Ora se ognuno, anche nella fede, ha un proprio percorso  di esperienze, di emozioni, di idee, la verità è oggettiva e comune a tutti, essendo più grande dell'esperienza del singolo. E, trattandosi di Dio, la verità supera addirittura la stessa ragione umana. 

Lo conferma anche il Vangelo di oggi: nella parabola degli operai dell’ultima ora, la logica di Gesù sconcerta gli operai della prima ora e il loro senso di giustizia. 


Prima Lettura Strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto.

Dal libro del profeta Ezechièle Ez 34,1-11

Mi fu rivolta questa parola del Signore:

«Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura.

Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna».


Salmo Responsoriale  Dal Sal 22 (23) R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l'anima mia. R.

 Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. R.

 Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. R.

 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. R.


Acclamazione al Vangelo Alleluia, alleluia. La parola di Dio è viva, efficace; discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Alleluia. (Eb 4,12)

Vangelo Sei invidioso perché io sono buono?

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.

Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.

Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». 

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