Il primo a scrivere di san Francesco è Jacques de Vitry. Passando per Assisi, vede una nuova comunità fondata sul Vangelo dove tutti vivono la povertà e da fratelli. Non parla nemmeno di san Francesco, del leader, ma solo della comunità e del suo ideale! Infatti anche se tutti ascoltavano Francesco, lo chiamavano “il fratello”. Stupendo!
Così deve essere una Chiesa sinodale: una comunità di fratelli e sorelle con Gesù e il suo programma al centro, cioè dove ognuno cerca di imitarlo nutrendosi del Vangelo (con l'obbedienza reciproca pur esercitando e rispettando i ruoli di ciascuno come insegna Efesini 6 e san Francesco: Regola Non Bollata 20), non avendo “altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. La croce di Cristo come unica salvezza possibile, da una parte fa a pezzi ogni mio orgoglio, ma dall’altra mi dà una forza sovrabbondante perché riduce “al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza" (1 Corinzi 15, 24 ) e l'Amore mi rende sicuro della vittoria nelle prove della vita.
Non quindi quella "inclusione" che abbassa la Comunità facendo diventare Norma la Media, la Medio-crità, ma una Comunità tanto più accogliente e fraterna che ha al suo centro Cristo crocifisso e risorto, e sperimenta il suo giogo dolce e il suo peso leggero. Il suo programma è quello di Gesù, quello degli Apostoli, delle prime comunità cristiane, dei martiri, di san Francesco col Vangelo sine glossa, del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo. Come possono le stigmate essere un giogo dolce e un peso leggero? Il Signore lo rivela ai piccoli che vanno a Gesù.
Prima Lettura Il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati Gal 6,14-18