Tutti conoscono D. Bosco, la sua grande opera verso i giovani - molti dei quali difficili, già feriti dalla vita - e conoscono almeno il nome del suo metodo detto “Sistema Preventivo" fondato su ragione, religione e amorevolezza. Meglio prevenire che punire. Ma oggi il verbo punire, in molte famiglie, scuole, parrocchie sembra cancellare anche il verbo correggere. Ora D. Bosco correggeva. Altrimenti avrebbe fallito con i giovani e sarebbe stato fuori dalla fede cristiana come purtroppo molti che si adeguano all’idea comune che rifiuta ogni idea di peccato originale. È l’ideologia di Jean Jacques Rousseau che propone come ideale dell’uomo il “Buon Selvaggio”, non corrotto dalla società e dall’educazione ma guidato dal suo solo istinto e dalla propria esperienza personale soggettiva. Essendo buono e perfetto per natura, l’uomo si deve sviluppare come essere autonomo, non condizionato da norme sociali, o da insegnanti. Tutti i mali presenti nell’uomo sono conseguenza della corruzione portata dalla società. È tutto il contrario dell’esperienza e della fede cristiana. All’epoca di D. Bosco le punizioni corporali erano comuni. Lui li rifiutava totalmente come altri da sempre nella Chiesa.
Nelle sue lettere agli insegnanti, Giovanni Bosco delineava un dettagliato “Sistema Preventivo” di educazione che mirava a disporre “i ragazzi a obbedire non per paura o obbligo, ma in virtù della persuasione. In questo sistema ogni forma di forza dev’essere esclusa, e al suo posto la principale molla d’azione dev’essere la carità”.
Ecco sette suggerimenti che San Giovanni Bosco dava ai suoi insegnanti e che sono rilevanti ancora oggi, potendo aiutare i genitori stanchi o gli insegnanti frustrati a guidare i bambini sulla via della virtù:
1) La punizione dovrebbe essere l’ultima ratio
Nella mia lunga carriera di educatore, quanto spesso l’ho dovuto constatare! Non c’è dubbio che sia dieci volte più semplice perdere la pazienza che controllarla, minacciare un ragazzo che persuaderlo. È altrettanto indubbio che sia molto più gratificante per il nostro orgoglio punire chi ci oppone resistenza piuttosto che affrontarlo con ferma gentilezza. San Paolo lamentava spesso come alcuni convertiti alla fede tornassero troppo facilmente alle loro abitudini inveterate, e tuttavia sopportava tutto questo con pazienza ammirevole. È questo il tipo di pazienza di cui abbiamo bisogno quando ci rapportiamo ai giovani.
2) L’educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere
In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l’emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai. Ogni educatore deve farsi amare se vuole essere temuto. Raggiungerà questo grande scopo se farà capire chiaramente con le parole, e ancor più con le azioni, che tutta la sua cura e la sua sollecitudine sono volte al benessere temporale e spirituale dei suoi allievi.
3) Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni
Bisogna quindi correggere con la pazienza di un padre, e mai, per quanto possibile, correggere in pubblico, ma in privato – o come si dice in camera caritatis –, lontano dagli altri. Solo nel caso in cui si debba evitare o rimediare a uno scandalo serio permetterei correzioni o punizioni pubbliche.
4) Il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare
Sono proibiti dalle leggi civili. Irritano grandemente i giovani ed avviliscono l’educatore.
5) L’educatore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina, affinché l’allievo non si possa scusare dicendo che non sapeva che ciò fosse comandato o proibito
[In altre parole, i bambini hanno bisogno di confini e vi rispondono bene. Nessuno si sente sicuro se viene lasciato a briglia sciolta]
6) Quando è una questione di dovere, siate fermi nel perseguire ciò che è buono e coraggiosi nell’evitare il male, ma sempre gentili e prudenti. Vi assicuro che il vero successo può derivare solo dalla pazienza
L’impazienza non piace agli allievi e diffonde malcontento tra i migliori di loro. La lunga esperienza mi ha insegnato che la pazienza è l’unico rimedio anche per i peggiori casi di disobbedienza e irresponsabilità tra i ragazzi. A volte, dopo aver compiuto molti sforzi pazienti senza successo, ho ritenuto necessario ricorrere a misure severe, ma queste non hanno mai ottenuto niente, e alla fine ho sempre verificato che la carità ha trionfato dove la severità aveva fallito. La carità è la cura di tutto, anche se può essere lenta nel raggiungere i suoi obiettivi.
7) Per essere veri padri nel rapportarci ai giovani, non dobbiamo permettere che l’ombra della rabbia offuschi il nostro volto
Se a volte veniamo colti di sorpresa, lasciamo che la serenità della nostra mente disperda immediatamente le nuvole dell’impazienza. L’autocontrollo deve regnare su tutto il nostro essere – mente, cuore e labbra. Quando qualcuno sbaglia, nutrite per lui simpatia nel vostro cuore e speranza nella vostra mente, e allora potrete correggerlo con profitto.
In certi momenti difficili, un’umile preghiera a Dio è molto più utile di un violento accesso di rabbia. I vostri ragazzi non trarranno sicuramente alcun profitto dalla vostra impazienza, e non sarete un esempio edificante per nessuno che vi stia osservando.
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